Vent’anni di cronaca a Trieste con le foto di Enzo Lasorte

TRIESTE Uno spaccato della storia di Trieste lungo vent’anni riemerge dalle foto di cronaca di Enzo Lasorte, noto fotografo triestino scomparso sabato scorso all’età di ottant’anni (il funerale giovedì 20 ottobre alle 12 nella chiesa di Notre Dame de Sion) che fu il fotografo ufficiale del Piccolo da metà anni Settanta a metà anni Novanta: un periodo cruciale della storia non solo di Trieste.
Nell’aula della Corte d’assise immortalò gli ultimi strascichi della Seconda guerra mondiale con il processo per la tragedia più immane, quella della violenza nazista che la città visse con l’incubo della Risiera di San Sabba, unico lager dell’Europa meridionale dotato di forno crematorio. Al contempo, con la firma del trattato di Osimo si completava anche l’ultima mutilazione del confine orientale italiano con la definitiva cessione della Zona B alla Jugoslavia. Si chiudeva per Trieste un periodo storico di lutti che l’aveva anche fatta passare per una fase di amministrazione anglo-americana.
Gli acquirenti jugoslavi però negli Anni Settanta invadevano la città per comprare soprattutto i jeans e spesso erano i poliziotti a dover sorvegliare l’assalto al Cremcaffé di Primo Rovis in piazza Goldoni, ai mercatini di piazza Libertà e piazza Ponterosso, ai negozi e alle oreficerie del Borgo Teresiano. Decine e decine di pullman erano stipati lungo le Rive. La rete commerciale cittadina gonfiatasi oltremodo, dopo gli anni d’oro, ne avrebbe pagato anche le conseguenze.
La nascita e l’affermarsi della Lista per Trieste fece della città, che sarebbe poi stata toccata anche da Tangentopoli, un laboratorio politico per il federalismo e la nascita della Seconda repubblica. Fa ancora oggi un certo effetto vedere il 6 maggio 1980 l’allora sindaco della Lpt Manlio Cecovini firmare il registro delle onoranze a Tito subito dopo la sua morte mentre la Foiba di Basovizza non era ancora monumento nazionale e gran parte delle formazioni di sinistra e di centro per opportunità politica tacevano su quelle tragedie. Il mondo era spaccato in due blocchi e la Jugoslavia faceva da “comodo” cuscinetto. Alle banchine del porto ormeggiavano spesso navi della Sesta flotta Usa di stanza in Mediterraneo e in rada rimanevano le portaerei come la Saratoga.
La conformazione urbanistica di Trieste era molto diversa, senza zone pedonali. Il treno merci passava ancora sulle Rive con impatto visivo molto suggestivo, ma costringeva a lunghe attese automobilisti e pedoni. Davanti alla Pescheria centrale, che a differenza di oggi aveva ancora un senso, cioé era Pescheria, una “venderigola” offriva limoni. Tutto questo, grandi eventi e piccoli episodi, continuava a passare davanti all’obiettivo di Enzo Lasorte e finiva stampato rigorosamente in bianco e nero, ma non per questo con effetto meno realistico, sulle pagine del Piccolo. Nel 1976 un pullman era piombato giù dalla Costiera causando morti e feriti in quello che è stato il più grave incidente stradale triestino: una gru recuperò la carcassa lasciando un’immagine sinistra.
Nel 1984 il tifoso triestino Stefano Furlan rimaneva ucciso fuori dal Grezar negli scontri con la polizia e Zico e De Falco, capitani di Udinese e Triestina abbandonavano il campo a capo chino. Trieste nel mondo dello sport aveva più campioni di oggi. L’allenatore più popolare Nereo Rocco, il primo italiano a vincere una Coppa dei campioni alzata da un altro triestino, Cesare Maldini, era morto all’inizio del 1979 e tre mesi dopo ad omaggiarlo al cimitero di Sant’Anna erano arrivati Gianni Rivera, Ricky Albertosi e Aldo Maldera. Il basket, ai tempi felici di Bepi Stefanel portava al palasport di Chiarbola un personaggio mitico del calibro di Michael Jordan.
La vecchia Fabbrica Macchina di Sant’Andrea, trasferitasi con il nome di Grandi Motori a Bagnoli della Rosandra dove ancora oggi resiste con la sigla finlnadese Wartsila, veniva fatta saltare per aria da un “mago” della dinamite, usata a scopo di pubblica utilità. Il politico italiano più inossidabile, Giulio Andreotti visitava il Centro di fisica di Abdus Salam primo nucleo di quella Trieste della ricerca che oggi dovrebbe essere, ma forse ancora non lo è, una realtà trainante. Il presidente più amato dagli italiani, Sandro Pertini scendeva con piglio da “partigiano” lo scalone dell’università.
Il Tram di Opicina continuava a deragliare, il 28 novembre 1975 ci furono quattro feriti, come fa ancora oggi e continua a farlo dai tempi della tradizionale canzoncina e gli operai di Servola continuavano a sfilare con lo striscione “La Ferriera non si tocca”. Era il 1984, 32 anni fa. Succede ancora adesso ma, segno dei tempi che cambiano e di nuove sensibilità, negli ultimi anni sfilano anche i cortei dei cittadini che al contrario ne chiedono la chiusura.
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