Vent’anni di Carosello ecco come la reclame in tv ha cambiato gli italiani

A Mamiano di Traversetolo in provincia di Parma in esposizione video, bozzetti, storyboard e manifesti

la pubblicità



“Carosello” nasce nel 1957 e scompare nel 1977, vent’anni dopo. Sorge con i governi centristi del boom economico, attraversa la stagione del centrosinistra, spira con l’esecutivo di solidarietà nazionale, con la contestazione degli “indiani metropolitani”, con l’avvento del colore in tv. Le aziende reclamavano più spazio, sentivano troppo angusto il perimetro e le regole imposte dal format.

“Carosello”, celebre contenitore pubblicitario televisivo, si configura come un unicum europeo, nel quale convivono spettacolo e reclame: animazione, attori, cantanti sono protagonisti di un fenomeno dalla straordinaria popolarità, apprezzato da molti e criticato da una parte dell’intellettualità nazionale, è comunque al centro dell’osservazione sociologica.

Per i piccoli diventa un appuntamento quasi proverbiale, dimostrato dal motto «dopo carosello tutti i bimbi a nanna”. Creazioni, sketch, jingle accompagnano la quotidianità degli italiani in un’epoca di esplosione dei consumi: dalle scuole ai luoghi di lavoro, c’è sempre qualcuno che canticchia un motivetto ascoltato durante il programma o che ripropone qualche battuta.

Topo Gigio, il pulcino Calimero, l’ippopotamo Pippo, la mucca Carolina, Camillo il coccodrillo, il tigre nel motore, le sberle dei Brutos che comunque garantiscono una buona cera, il “sembra facile” dell’omino Bialetti, il merendero messicano, Lancillotto-che-combina un 48, Susanna-tutta-panna, Toto&Tata, “gigante-pensaci-tu” con quel briccone di Jo Condor, “lo-possiamo-torturare?”, “Carmencita-abita-qui?”: quante espressioni, perlomeno tra i diversamente giovani, sono ancora oggi presenti nel linguaggio corrente.

Il messaggio pubblicitario non si limita più alle campagne cartellonistiche sui muri delle città, ma entra nel piccolo schermo: nel 1954 gli abbonati alla televisione sono 88.118, nel 1972 diverranno 10.951.341 pari ad abbondanti due terzi delle famiglie italiane, circa 43 milioni di spettatori sono così raggiungibili. Una platea straordinaria, che non conosce distinzione sociale. “Carosello” è una componente del palinsesto Tv, subito dopo il telegiornale serale.

Fa tenerezza pensare che all’inizio dell’avventura fossero appena quattro le inserzioni pubblicitarie: Shell, Oreal, Singer, Cynar. A fine cammino saranno quasi 30.000. Un esercito di professionisti della reclame televisiva si fa strada: autori, registi, maestranze. Le aree di creazione sono soprattutto Milano, Modena, Firenze, Roma. Volti famosi prestano la loro immagine ai prodotti industriali: sfilano Mina, Patty Pravo, Ornella Vanoni, Totò, Virna Lisi, Vittorio Gassman, Mike Bongiorno, Sandra Mondaini, Raimondo Vianello. Alcuni registi di fama non disdegnano l’impegno nei 130 secondi di filmato: Luciano Emmer, Mauro Bolognini, fratelli Taviani.

Da sottolineare soprattutto le firme del “cartone”: Paul Campani, Nino Pagot, Marco Biassoni, Armando Testa, Gino e Roberto Gavioli, Osvaldo Cavandoli, Bruno Bozzetto, Pino Pascali.

Una significativa testimonianza, di cosa sia stato e cosa abbia rappresentato il programma è la mostra “Carosello. Pubblicità e Televisione 1957-1977”, visitabile fino all’8 dicembre nell’omonima mostra allestita nella villa Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo, a pochi chilometri da Parma. Esposizione e catalogo (ed. Silvana) sono a cura di Dario Cimorelli e Stefano Roffi. Un lavoro “interdisciplinare” in cui s’intrecciano video e carta stampata.

Molte le realtà che hanno collaborato: il Csac di Parma, la collezione Salce di Treviso, l’Archivio audiovisivo della pubblicità italiana, l’Archivio storico Barilla, la collezione Bellenda. Oltre 150 i marchi nel percorso, tra i quali alcuni legati a vario titolo al territorio regionale: Arrigoni, Brionvega, Dreher, Rex, Stock. —



Riproduzione riservata © Il Piccolo