Venezia Giulia, Slovenia, Croazia la storia del confine più lungo

Domani al Circolo della Stampa

e su Zoom un confronto a più

voci sulla complessa vicenda

della frontiera orientale

sulle foibe e l’esodo

Pierluigi Sabatti

TRIESTE Il confine più lungo e, aggiungiamo noi, uno dei più mobili del continente, è quello tra la Venezia Giulia e le attuali Slovenia e Croazia. Frontiera recente perché fino al 1914 non c’erano barriere da Cracovia a Ragusa, come racconta Hermann Bahr nel suo “Viaggio in Dalmazia”, dove espone la generosa utopia di una “casa comune” del centro Europa.

Ma la storia ha voluto diversamente: le pallottole di Sarajevo hanno fatto emergere la dura realtà, che ha visto i governanti d’Europa come sonnambuli precipitare nel gorgo della Grande Guerra (copy right dello storico inglese Christopher Clark). Alla fine ecco svilupparsi, tra gli altri che hanno spezzettato l’Impero absburgico, il nostro lungo confine che lambisce quell’”Adriatico Amarissimo” di cui ci parla Raoul Pupo nella sua ultima fatica.

Lo storico triestino è uno dei protagonisti del convegno che domani, in occasione del Giorno del Ricordo 2022 (10 febbraio), presenterà la mostra dal titolo appunto “Il confine più lungo. Dai conflitti alla riconciliazione sulla frontiera adriatica”. Appuntamento alle 11, al Circolo della Stampa di Trieste (corso Italia 13) e in contemporanea su Zoom

https://us06web.zoom.us/j/84558098277. Accesso in sala muniti di GreenPass rafforzato e mascherina FFP2, previa prenotazione a: biblioteca@irsrecfvg.eu

Il convegno sarà aperto da Paolo Pezzino, presidente dell’istituto nazionale “Ferruccio Parri”. Seguiranno gli interventi di Mauro Gialuz, presidente dell’Irsrec (Istituto regionale per la storia della resistenza e dell’età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia); Georg Meyr, direttore del Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università di Trieste. I contenuti saranno illustrati da Chiara Boscarol (Divulgando), da Raoul Pupo e Fabio Todero dell’Irsrec e da Štefan Čok, della Biblioteca nazionale slovena.

La mostra nasce dalla collaborazione di enti culturali nazionali e locali, degli esuli, degli sloveni, e di altre realtà di questo territorio che vede coinvolti l’istituto Parri, l’Irsrec, il Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’ateneo triestino, in collaborazione con la Biblioteca nazionale slovena, la Società di studi fiumani in Roma, l’Associazione giuliani nel mondo di Trieste e l’Istituto per gli incontri mitteleuropei di Gorizia ed è patrocinata dal Ministero della cultura. Il titolo riprende quello di un’analoga rassegna allestita materialmente alcuni anni fa dal Comune di Rimini e curata da Raoul Pupo e Fabio Todero, che curano anche l’edizione virtuale assieme a Štefan Čok.

L’obiettivo dell’iniziativa segue le indicazioni della legge istitutiva del Giorno del Ricordo (30 marzo 2004) che vuole "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale".

«Si tratta – spiega Raoul Pupo – di un intero corso di storia della Venezia Giulia. La mostra è in sostanza un portale che potrà essere ulteriormente arricchito con il progredire degli studi in materia».

Inoltre il circuito dell’Istituto Parri attribuisce alla rassegna una valenza nazionale. «La narrazione – sottolinea Pupo - è rigorosa, ma nel contempo facilmente accessibile, per spiegare la complessa storia delle terre dell’Adriatico orientale nel corso dell’800 e del ‘900. Inoltre essa mette a disposizione di chi lo desideri una serie di strumenti di approfondimento che si prestano anche all’uso didattico».

Rispetto all’originale la versione virtuale risulta assai arricchita, sia mediante l’inserimento di nuovi pannelli, per un totale di 32, sia mediante un’ampia integrazione del contenuto dei pannelli medesimi.

Ancora una notazione: il “Vademecum” proposto lo scorso anno dall’Irsrec sul Giorno del Ricordo è una sorta di “bignami” rispetto all’ampio lavoro della mostra, che si può già visitare all’indirizzo all'indirizzo www.confinepiulungo.it

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