Valentina di Crepax nome di bambina e fascino inquieto della donna triestina

Prima di morire la nipote di Guido ha scritto per Bompiani un volume di storie che attraversano e raccontano un’epoca 



Valentina Crepax non c’è più. Non quella di carta di Guido Crepax e che appunto, ha rubato il nome alla nipote, figlia del fratello Franco Crepax. Valentina Crepax è esistita davvero, era scrittrice e giornalista, si è spenta a 68 anni lo scorso luglio, ma prima ha lasciato un ultimo testamento, un libro ritratto sulla sua singolare famiglia. Si intitola “Io e l’asino mio. Storie dei Crepax raccontate da Valentina Crepax” (Bompiani, pag 320, euro 18). Si inizia dai nonni, Gilberto e Maria, lui nato a Dolo, lei una contessa napoletana, per proseguire con i due fratelli Crepax, entrambi creativi e originali come gli avi (tra i trisavoli non mancano neppure nobili assassini).

Di Guido Crepax sappiamo molto, meno si sa di Franco, padre di Valentina appunto, che dagli anni ’60 ha lavorato come talent scout prima da Ricordi e poi da Sugar. È stato lui a inventarsi Endrigo, Gaber, Vanoni e gli Squallor, Gino Paoli e tanti altri. Il fratello Guido infatti ha ideato le prime cover dei 45 giri Ricordi.

Valentina se lo ricorda bene perché la famiglia Crepax, nei primi anni della sua vita (era nata del 1952), viveva alla vecchia maniera in cui nonni, figli e nipoti abitavano insieme. Lì Guido si è ispirato per la Valentina di carta, usando il nome della nipote semplicemente perché era carino e originale. Ma il fisico e il temperamento, torbidamente erotico, erano tutti aspetti che Guido Crepax aveva ricalcato dalla moglie Luisa, di origine triestina tra l’altro, la madre era una Hagar.

I due fratelli Franco e Guido sono legatissimi. Si capisce da un’educazione comune che si perpetua, uno stile snob e bellissimo che, per esempio, li costringeva a preparare la tavola in pieno rispetto del galateo (mai meno di due forchette per persona) anche se pasteggiavano a toast e banane, allo stesso tempo sempre tolleranti verso il turpiloquio, se creativo e necessario. I due fratelli si sposano e continuano a frequentarsi assiduamente: «E le cose si complicano – scrive la vera Valentina Crepax – Non solo, mio zio ha sempre fatto muovere Valentina l’altra tra cose di casa nostra; la Valentina di carta si siede su una chaise longue Thonet uguale alla mia, sceglie la mia stessa tappezzeria a fiori, va in vacanza dove vado io, abita nella mia città. Insomma Valentina l’altra, pur essendo il ritratto idealizzato di Louise Brooks e di Luisa Mandelli (moglie di mio zio che negli anni si è data da fare per sembrare Louise Brooks) è una di famiglia che si chiama come me». La differenza è che mentre lei vive avventure onirico fantascientifiche, la Valentina in carne e ossa vive una vita normale: «Normale si fa per dire, perché mi chiamo Valentina Crepax che, in pratica, significa fornire a tutti quelli che incontro per la prima volta una sintesi della mia storia». E questo è il minimo perché l’autrice, mai scevra di ironia, racconta appunto come ha dovuto difendersi dai fanatici maniaci che – trovando facilmente il suo numero nella rubrica telefonica – la chiamavano a tutte le ore, non privi di domande oscene, scambiando il personaggio con la persona. Una vera persecuzione. L’autrice, oltre a raccontarci in modo beffardo e tagliente tanti aneddoti e manie di casa Crepax, non si limita a dati famigliari (le case, le vacanze, le macchine, gli amici, il cibo, addirittura le colf più strampalate: divertentissima la marocchina Amina), ma attraversa un’epoca. Dalla Milano iperattiva degli anni’50, dove tutto era da costruire, all’esuberanza più artificiale degli anni ’80, fino ai giorni nostri, spesso per viva voce di figli e nipoti. Ma in tutto ciò i Crepax, effettivamente, si distinguono sempre per stile. Così li ricorda il giornalista Michele Lupi, allora bambino, quando nella Toscana più vip tutti villeggiavano ai Ronchi, Abbado, Eco, Savinio e molti altri: «E poi c’erano loro, i Crepax: un gruppo che manco i Tenenbaum soprattutto per i colori. Sgargianti. Stile a pacchi, sempre e ovunque: che ci si trovasse in spiaggia da Franco Scoppetta, oppure in fila per afferrare uno di quei sacchetti di carta oleata croccante con le focacce, i Crepax erano sempre i più fighi di tutti. Stile, stile, stile».

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