Un soldato innamorato sul Carso

di GIOVANNI FRANCO
«Sul Carso si muore sotto i bombardamenti..., ci dicevano e noi ragazzi ci facevamo più piccoli». Frammenti di memoria di un soldato che da Villafrati nel Palermitano fu catapultato in Friuli Venezia Giulia, in Croazia e, per lunghi periodi a Trieste, per combattere nella Prima guerra mondiale. Ricordi vergati a mano nel diario che Salvatore Cuccia scrisse dal '68 al '73. E ora diventati lo spunto per un documentario.
«Il racconto di mio nonno sono una scheggia di storia del conflitto bellico visto con gli occhi di un muratore in divisa, sradicato dalla sua terra», dice Salvo Cuccia, che ha curato la regia de "Il soldato innamorato", un film prodotto da Eleonora Cordaro per Abra&Cadabra con Rai Cinema già andato in onda su Rai Storia e in concorso lunedì al Genova Film Festival.
«Per conoscere i luoghi percorsi del mio antenato sia durante la Grande guerra e anche dopo il 1918, per alcuni mesi, ho fatto un primo viaggio da solo con una cinepresa super 8 - dice il nipote -. Ho seguito il tragitto attraverso il diario ed è incredibile come, dopo 50 anni dal suo ritorno nel 1920, mio nonno fosse riuscito a mettere a fuoco persone, circostanze e luoghi. Aveva narrato i fatti più importanti, non essendo un resoconto giornaliero scritto quando era al fronte. Aveva trascorso tre anni in guerra da quando aveva 19 anni fino ai 22».
Leggiamo dal diario in una grafia elementare: «Il 22 dicembre 1916 siamo partiti e siamo arrivati il 25 giorno del Santo Natale a Tolmezzo, già zona di guerra, poi ci portarono in un paesino chiamato Cercivento. Faceva freddo, nevicava. Ci diedero una baracca che sopra c'erano metri di neve. L'indomani arrivati stavo scrivendo a mio padre e fratelli, che Pietro era pure al fronte, nell'artiglieria, a Monte Croce di Cadore, mentre noi eravamo a Monte Croce di Carnia e Ciro si trovava a San Giovanni di Manzano. Ma mentre scrivevo scoppiò una granata nemica dentro la baracca, ecco il mio primo grande spavento e anche dei miei compagni». Quei luoghi, descritti in un linguaggio che spesso non segue le regole grammaticali, rivivono ora nel film sia attraverso le recenti riprese dall'alto fatte con i droni sia grazie alle sequenze della prima guerra mondiali, provenienti da Cineteca Italiana di Milano, Cineteca del Friuli, Filmarchiv Austria.
Un lavoro di ricerca quello che sta alla base del documentario. «A San Martino del Carso e su Monte San Michele ho ho preso contatti con Paolo Pollanzi appassionato e studioso che con altri gestisce un piccolo museo della guerra. Insieme siamo andati a visitare Monte San Michele - dice Salvo Cuccia -. Da lì mi sono diretto verso Trieste: mio nonno vi soggiornò per brevi periodi. Poi sono andato a Erpelle e infine a Fiume, dove il mio familiare incontrò Gabriele D'Annunzio». Annota il soldato nel diario: «Una mattina ci ordinarono di andare a Erpelle, - riportiamo senza correzioni (n.d.r.) - un paese prima di Fiume. Ci dissero che dovevamo incontrare Gabriele D'Annunzio che veniva con un migliaio di volontari per cacciare gli inglesi. Si diceva che gli inglesi imposero all'Italia di cedere Fiume all'Inghilterra tanto che noialtri dicevamo come, noi abbiamo combattuto, abbiamo vinto e ora loro si debbono prendere la bella Fiume? Difatti verso le 10 spuntò questa colonna di soldati che c'era la strada dritta un 3 chilometri. Mentre si avvicinavano che erano tutti a piedi, il nostro tenente ci disse “quello davanti è Gabriele D'Annunzio”, “così bassino?”, “Sì”. Poi ci diedero ordine di puntare col moschetto. Allora Gabriele prese 2 bombe dalla giacca e ci disse “siete Italiani o Austriaci?”, “Italiani” abbiamo risposto». Un ricordo indelebile nella mente del soldato siciliano.
Ma lui incontrò anche l'allora cappellano militare, capitano Angelo Roncalli, che divenne poi Papa Giovanni XXIII. Il futuro pontefice fece un discorso e confessò i soldati prima che risalissero al fronte. Scrive il militare nel suo diario: «Ora siamo in giugno a riposo vicino Marostica. Era una mattina il 20 o 21 giugno, non ricordo, del 1918. Il nostro tenente ci disse “questa mattina verrà il Capitano Cappellano Roncalli a farci una morale”. Verso le 10 si presenta Roncalli. Era bello, giovane, che la sua fisionomia mi rimase in mente e l'ho riconosciuto da vecchio quando fu Papa. Allora poteva avere 33, 34 anni. In ultimo disse “di chi voialtri si vuole confessare può farlo” e tanti ci siamo fatti avanti e così all'impiedi stesso ci confessammo, ci fece tanti auguri e ci lasciò. La sera siamo partiti per l'altipiano di Asiago».
Per riprendere in video i luoghi raccontati nel diario il regista ha compiuto veri e propri tour de force. «Sono salito sul Passo di Monte Croce Carnico dopo aver attraversato i luoghi citati da mio nonno (Tolmezzo, Cercivento, Timau) insieme ai ragazzi della troupe e a una guida - afferma -. È stata una esperienza indimenticabile. Sul monte si può arrivare solo a piedi seguendo un sentiero e camminando per circa 3 ore e mezza, iniziando il cammino di notte e alle 5, vedendo arrivare l'alba e via via il mattino. I ragazzi con amorevolezza mi dissero durante la salita “lo stiamo facendo per tuo nonno Salvatore!” e la cosa mi ha emozionato».
Lo scenario che si presentò ai loro occhi fu «a dir poco sbalorditivo: su in cima le trincee italiane e austriache erano distanti tra loro non più di 150/200 metri su questo monte che ha la forma di un enorme panettone, circondato da valli e da altri monti - spiega -. La nebbia che avvolgeva ogni forma si diradò pian piano e non del tutto solo dalle due di pomeriggio e consentì di fare delle riprese molto intense, tra il vedere e il non vedere. Che poi riflette lo spirito di quella guerra tra fumi e gas, tra esplosioni e nebbia».
«La nostra giornata su Monte Croce di Carnia, dopo esplorazioni sia delle trincee italiane che di quelle austriache, si concluse con una discesa meno lunga ma altrettanto bella, - rammenta - fino al piazzale in cui un tempo sorgevano le strutture oggi abbandonate della frontiera tra Italia e Austria».
Nel film c'è anche una parte dedicata all'educazione sentimentale e sessuale di Salvatore in Croazia, dove il «soldato innamorato», conobbe una ragazza con la quale ebbe una relazione. Avrebbe potuto anche decidere di rimanere lì, come fecero tanti altri suoi commilitoni. E invece tornò a Villafrati dalla sua fidanzata, Maria, che sposò qualche anno dopo. Con lei aprì un cinema in paese. Ma questa è un'altra storia. Il nipote cresciuto a "pane e celluloide" ha diretto vari film e documentari, fa i quali "Lo scambio", in programmazione nelle sale nei mesi scorsi e vincitore a luglio dell'Ortigia Film Festival.
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