Tutti alla spiaggia di Servola o ai piedi di Scorcola
La frequentazione della costa tra bagni e camminate marine è un antico rito da Barcola ai litorali oggi scomparsi. Poi aprirono sulle Rive i primi affollati stabilimenti
Il Bagno Galleggiante Maria davanti la Lanterna, nel 1911 (Fototeca dei Civici Musei di Storia e Arte del Comune di Trieste)
TRIESTE “I triestini in folla si recano a questo villaggio ove con piacere assistono ai divertimenti villerecci”. Il villaggio è Barcola. Il racconto è del conte Agapito nella sua “Descrizione fidelissima della città e porto franco di Trieste” (1830). Nell’Ottocento il borgo marinaro era celebre per l’aria salubre, il buon vino, la pesca dei tonni. Oggi come ieri una meta di svago, come fu il passeggio sulla spiaggia di S. Andrea, o Muggia. Ma i triestini il mare iniziarono a viverlo presto anche in modo moderno, sulle spiagge e soprattutto sui bagni galleggianti, precursori dei moderni stabilimenti balneari.
A sinistra, passeggiata di Barcola (Fototeca dei Civici Musei di Storia e Arte del Comune di Trieste)
“Barcola è famosa per la pesca del tonno che viene predato nelle sue vicinanze, ed i suoi contorni producono frutti ed oli eccellenti fra i quali primeggiano il moscato ed il rifosco”, magnificava l’Agapito. Allora Barcola si raggiungeva via mare, come Roiano, sobborgo di campagna inverdito da boschi, vigne, coltivazioni puntellate da case coloniche del patriziato triestino. Durante la bella stagione, in occasione delle feste campestri e patronali, i traghetti vi conducevano i gitanti dove le numerose osterie allietavano il ristoro. Meta di diletto era anche il passeggio sulla spiaggia di S. Andrea, che iniziava nella contrada del Lazzaretto Vecchio: “Quivi un viale ombreggiato da un filare di castagni silvestri, pseudo-acacie e pioppi scorre lungo la strada carrozzabile – racconta l’Agapito - dall’opposta parte contaminata dalla nuova spaziosa riva”. La gita via mare a Muggia, “piccola terra murata” con “reliquie di monumenti romani”, aveva invece il sapore del viaggio. “Nel recarsi per mare a Muggia si ha continuamente la dilettevole vista degli ameni colli che recingono le vicinanze di Trieste e le coste dell’Istria”.
A compiere il passo che separava la passeggiata dalla nuotata fu la scienza medica, a cui si aggiunse l’ascesa della classe borghese e l’introduzione del ‘tempo libero’.
I bagni in mare nacquero agli inizi del 1800 in Nord Europa. Nel romanzo di Jane Austen ‘Emma’, pubblicato nel 1815, il padre ipocondriaco della protagonista discute in più occasioni con gli amici dell’alta società di come le diverse spiagge britanniche portino benefici per la salute. L’abitudine di andare al mare si diffuse poi a tutti i livelli della società e Trieste fu all’avanguardia nel recepirne l’influenza.
Qui la consuetudine della ‘tociada’ in mare, rapida ed economica alternativa per le esigenze personali in un periodo in cui l’acqua era un bene prezioso, precedette la nascita degli stabilimenti balneari. Già all'inizio dell'800, infatti, ragazzini e marinai avevano l’abitudine di tuffarsi nelle acque del porto oppure nel Canal Grande per lavarsi. Con il rischio d’essere investiti da una delle numerose imbarcazioni e nonostante norme precise vietassero la balneazione al di fuori delle zone consentite, con severe ammende in caso di trasgressione. Lo esplicitava il 7 giugno 1809 l’avviso del Cavalier Ignazio de Capuano, Preside del Magistrato: “Chiunque verrà trovato a nuotare nudo fra un Lazzaretto e l’altro sarà immancabilmente arrestato e punito, ed in quanto a’ ragazzi, gastigati verranno anche con vergate”.
Nel 1843 lo ‘Studio sull’acqua di mare’ del dottor Guastalla osservava le proprietà medicamentose dei bagni di mare, ancorchè attentamente disciplinati nei modi e nei tempi.
Tra i primi tratti di mare ad essere frequentati popolarmente erano quelli sotto Servola, dove la sabbia di estendeva per molti metri nell’acqua, che non superava il mezzo metro, e dove prima i benestanti si recavano cavalcando perché i veterinari asserivano che l’acqua salina irrobustiva gli animali.
Frequentata era anche la spiaggia ai piedi della collina di Scorcola, sulla riva dove oggi si trova la Stazione ferroviaria centrale. Prima che la strada ferrata giungesse in città, il mare arrivava all’incirca all’attuale piazza Libertà ed era il posto preferito dai bagnanti.
Del 1820 è l’inaugurazione del primo stabilimento balneare pubblico, evento che attirò numeroso pubblico tedesco. Si chiamava ‘Il Soglio di Nettuno’ – racconta il libro ‘Trieste romantica’ - era ancorato in Sacchetta, presso il Molo Giuseppino (oggi Venezia), verso la Lanterna: uno stabilimento galleggiante ideato e voluto dal commerciante Domenico Angeli che offriva al pubblico pagante cabine per cambiarsi d’abito, vasche per le immersioni, una sala di conversazione, servizi di caffetteria e persino un’esposizione permanente sulla flora e fauna del Golfo. L’iniziativa ebbe un notevole successo e nell’arco di dieci anni Trieste ebbe altri due bagni, sempre galleggianti: uno ancorato più verso la Lanterna destinato alla società austriaca e austriacante, chiamato ‘Scuola militare di nuoto’; l’altro, ancorato proprio davanti Piazza Grande – oggi Unità – che portava il nome ‘Boscaglia’, dal suo proprietario. A frequentarlo abitualmente erano commercianti e impiegati che potevano comodamente e velocemente recarvisi in traghetto, godendo di una pausa dalle attività lavorative che infervoravano a poca distanza. Nel 1858 sorse, ad opera di una società per azioni, il celebre ‘Bagno Maria’, il più bello e il più grande. Ancorato dinanzi l’Hotel de la Ville - oggi sede di Fincantieri – disponeva di cento camerini, cabine, una sala d’aspetto con servizio di caffetteria. Dotato di personale istruttore per il nuoto e la ginnastica, disponeva di un bacino dedicato agli uomini, mentre una vasca era riservata a donne e bambini. Il prezzo per l’accesso, l’uso delle cabine ed il bagno ammontava a 20 carantani. Lo stabilimento era stato costruito nel cantiere Strudthoff e venne varato con una solenne cerimonia.
Mentre il Soglio di Nettuno chiuse per vecchiaia, il bagno Boscaglia si rinnovò nel 1898 assumendo anche il nuovo nome di Buchler. Fu lui a chiudere la stagione dei bagni galleggianti: il 14 giugno 1911 un fortunale lo investì riducendolo ad un ammasso di pezzi di legno galleggianti nel Golfo.
In forme a noi più vicine, a poca distanza della Lanterna, venne creato nel 1890 il bagno Fontana, dall’aspetto orientaleggiante e dalla durata breve, avendo dovuto cedere il posto alla stazione di Campo Marzio.
Degli ultimi anni del 1800 è l’apertura del Bagno Excelsior a Barcola, che lanciò quel tratto di costa. Dotato di un teatrino, venne completato nel 1895 con l’omonimo albergo, cui nel 1910 si aggiunge la pista di pattinaggio. Poco dopo, sempre a Barcola, aprì il bagno Garzoni con le prime osterie nelle vicinanze, le quali illuminano alla sera le tavolate all’aperto, offrendo spettacoli pirotecnici e concertini. Una celebre e vivace eredità del passato è senz’altro lo storico e popolare stabilimento balneare La Lanterna, ‘El Pedocin’, con la storica separazione tra donne e uomini immutata dal 1903, data convenzionale di apertura. E affezionata meta anche invernale, al pari delle passeggiate a Barcola e Muggia, per i numerosi amanti del sole e del mare vissuto dalle rive. —
(11-Continua)
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