Tutte le donne del vagabondo Ulisse da Circe femminista a Calipso abbandonata

Marilù Oliva riscrive l’Odissea dal punto di vista  delle tante protagoniste femminili del poema omerico
Foto di Claudia Spaziani
Foto di Claudia Spaziani

Roberto Carnero

C’è Calipso che deve lasciare andare Ulisse sebbene ne sia innamorata, Nausicaa seduttrice immatura ma pericolosamente potente, Circe dominatrice che disprezza gli uomini ma allo stesso tempo ne ha bisogno, le Sirene incantatrici e distruttrici, la nutrice Euriclea e, naturalmente, Penelope, la sposa in attesa. Nel suo ultimo libro, “L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre” (Solferino, pagg. 218, euro 16), Marilù Oliva propone un originale alternarsi di punti di vista che dà voce alle protagoniste femminili, alle figure rimaste un po’in ombra nel testo omerico, in una suggestiva riscrittura (e rilettura) di uno dei classici fondativi del canone occidentale.

Come è nata l’idea di questo romanzo? Con quali obiettivi?

«L’idea - risponde Marilù Oliva - è germogliata lentamente da un grande amore per i poemi omerici e dall’interesse per la situazione femminile di ogni tempo. L’intento era far emergere l’altra metà del cielo dell’Odissea, un poema rivoluzionario per quanto riguarda il ruolo delle donne: eppure la loro voce, rispetto a quella di Ulisse, è rimasta per anni in sottofondo».

In che modo ha operato la riscrittura?

«Ho cercato un equilibro tra l’immensa figura di Ulisse e quella delle donne che lo incontrarono attraverso tre linee guida: fedeltà al testo originario, omaggio alla musicalità di un poema che avrei trasformato in prosa, e libertà, ma non assoluta, nell’indagine dell’animo umano, fedele alla lezione manzoniana. Dal punto di vista filologico, mi sono avvalsa di quelle che considero le migliori traduzioni disponibili e dei miei studi di greco antico».

Qual è il punto di vista di Penelope?

«Quello di una donna stanca di aspettare, ma tenace, paziente e astuta come Ulisse, di cui è figura speculare. Penelope tiene le redini di un’isola dove altri prìncipi cercano di occupare il trono del marito e spazzare via la sua famiglia: immersa nella sua titanica fatica resiste, e lo fa perché ha affinato armi da scaltra politica, come la dissimulazione e la diplomazia».

Quello di Circe?

«Circe domina uno spazio da padrona assoluta: situazione inedita per l’età antica. In passato rappresentava i pericoli in cui i naviganti potevano imbattersi; nel mio romanzo è una donna depositaria di grandi saperi, quindi potente e temibile per le sue pozioni, una divinità che utilizza l’attacco come potenziale difesa. Per questo trasforma gli uomini in bestie. In una società in cui alle donne venivano lasciate ben poche possibilità, Circe può considerarsi come una sorta di femminista ante litteram. E comunque diventerà alleata di Ulisse».

E Calipso?

«Anche la ninfa Calipso vive in un’isola, tra l’altro bellissima, ma la sua cifra è la solitudine. Logico che quando le capita tra le grinfie l’eroe omerico, lei se lo tenga ben stretto e cerchi insieme a lui un sollievo dalla propria prigione dorata».

Quali aspetti del poema omerico ha trovato ancora attuali nel riscriverlo?

«La forza dei sentimenti: quante di noi sono state delle Calipso abbandonate? Quante hanno atteso come Penelope qualcosa che tardava tanto? Quante hanno sognato un amore impossibile con la dolcezza adolescenziale di Nausicaa? Poi l’invito alla solidarietà, all’accoglienza: Ulisse, in fondo, è sballottato dal mare come un migrante e spesso approda in terre ostili. E il tema della recherche: ciascuno di noi agogna qualcosa, talvolta segretamente, ed è disposto a compiere il proprio, estenuante viaggio per conquistare l’oggetto del desiderio».

Questo può essere un modo per avvicinare i più giovani, come i ragazzi delle scuole che si trovano a studiarla, alla poesia di Omero?

«Spero di sì, molti docenti stanno adottando il libro nelle scuole. L’Odissea spazia dalla narrativa di viaggio all’horror, dal sentimentale all’avventura allo splatter, se pensiamo ai momenti di cannibalismo nell’antro del ciclope Polifemo. Per la portata dei suoi contenuti e dei suoi generi, si rivolge a un pubblico universale». —

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