Tutte le donne del Sommo la Madonna, Santa Lucia Beatrice e la moglie Gemma

Marco Santagata approfondisce il rapporto del poeta con la defilata consorte da cui ebbe tre figli
'Dante and Beatrice', 1883, (1912). A colour print from Famous Paintings with an Introduction by Gilbert Chesterton, (Cassell and Company, London, New York, Toronto, 1912).
'Dante and Beatrice', 1883, (1912). A colour print from Famous Paintings with an Introduction by Gilbert Chesterton, (Cassell and Company, London, New York, Toronto, 1912).

la recensione



Dante e le donne: quello con l'«altra metà del cielo» fu un rapporto fondamentale per il Sommo Poeta. Fondamentale sia per la vita che per l'opera. Sono tre donne d'eccezione a decidere il viaggio nell'oltretomba narrato nella "Divina Commedia": la Madonna, Santa Lucia e Beatrice, la quale lo raccomanda a Virgilio, per poi essere lei in prima persona a guidarlo nella parte paradisiaca dell'itinerario.

Beatrice, appunto. Gli studiosi l'hanno identificata con Bice di Folco Portinari, sposata a Simone de’ Bardi e morta nel 1290, a cui Dante dedica la sua prima grande opera, la "Vita nuova". Nel frattempo, però, appena ventenne Dante aveva sposato Gemma Donati. Dal matrimonio nasceranno tre figli: Pietro e Iacopo, che saranno tra i primi commentatori della "Commedia", e Antonia, che si farà monaca a Ravenna con il nome di suor Beatrice, proprio in omaggio al personaggio letterario immortalato dal padre.

Peccato che alla madre dei suoi figli Dante non abbia dedicato neppure un verso. Infatti, dalle rime giovanili al capolavoro della maturità, il poeta ha passato la vita a cantare Beatrice. Chissà che cosa ne pensava la moglie... Il loro matrimonio è privo di qualsiasi riflesso nell’opera dantesca. Peraltro era stato un matrimonio celebrato per decisione delle rispettive famiglie, che lo avevano stabilito già nel 1277, quando Dante aveva dodici anni.

Ma che tipo di donna era Gemma? Com’era il suo rapporto con il marito? Accettava o mal sopportava la presenza di una "rivale" come Beatrice? Una ricostruzione della vita familiare di Dante è stata proposta da uno sceneggiato del 1965, prodotto dalla Rai in occasione del settecentesimo anniversario della nascita del poeta, "Vita di Dante" (per la regia di Vittorio Cottafavi). Gemma, impersonata dall’attrice Ileana Ghione, vi appariva come una presenza docile e discreta al fianco del marito, nel cui ruolo troviamo un Giorgio Albertazzi in grande spolvero. Il poeta non la gratifica del benché minimo gesto di tenerezza: lei si aggira per la casa, servendo i pasti al marito tutto assorbito nella lettura o nella scrittura, e accudisce i figli. Si tratta ovviamente di una libera interpretazione. Non sappiamo se il rapporto tra Dante e Gemma sia stato tale o se invece fosse caratterizzato da un maggiore affetto. Alcuni biografi ipotizzano che le incomprensioni si siano acuite durante l’esilio del poeta, fino a portare a una rottura. Secondo Boccaccio, i due sposi, una volta allontanatosi Dante da Firenze, non si sono mai più riuniti.

Di questi e altri aspetti tratta un bellissimo libro di Marco Santagata: "Le donne di Dante" (il Mulino, pagg. 238, euro 38). È l'ultima fatica di questo grande professore-scrittore (a lungo docente di Letteratura italiana all'Università di Pisa, ma anche romanziere di successo: nel 2003 aveva vinto il Campiello con "Il maestro dei santi pallidi"), scomparso prematuramente lo scorso novembre a causa del Covid. Il libro è notevole sia per la qualità del racconto - preciso e documentato, ma di straordinaria piacevolezza narrativa - sia per il ricco apparato iconografico. Una lettura utile a ritrovare anche le tante donne della "Divina Commedia". Come, nel canto V dell'"Inferno", Francesca da Rimini, che racconta il suo tragico amore per il cognato Paolo, mentre quest'ultimo piange: «Amor, ch'a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sì forte, / che, come vedi, ancor non m'abbandona». I due amanti erano stati assassinati dal marito di lei. O, nel V canto del "Purgatorio", la dolente figura di Pia dei Tolomei, il cui tragico destino viene condensato in tre versi in cui la donna allude alla propria morte, anch'essa per mano del marito: «Siena mi fé, disfecemi Maremma: / salsi colui che 'nanellata pria / disposando m'avea con la sua gemma». Femminicidi "ante litteram", che Dante denuncia, pietoso e indignato. —

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