Trieste, nelle “Stratografie” di Marco Maran l’adulto e il bambino attraverso il ritratto

Oltre cinquanta opere tra disegni a tecnica mista di carboncino, grafite e china

Francesca Schillaci
Una delle opere in esposizione
Una delle opere in esposizione

Partire dal bambino che è in noi e interrogarsi attraverso l’immagine sulle evoluzioni e sui conflitti che ci hanno resi gli adulti di oggi. È una sensazione di ritorno quella che indaga l’artista Marco Maran nella mostra “Stratografie” che si inaugura oggi sabato 22 febbraio alle 18 nell’atelier di Polvere d’Arte in via san Michele 11/b. La mostra resterà allestita fino all’8 marzo dal lunedì al sabato (11-12:30 e 15:30-17).
Oltre cinquanta opere tra disegni a tecnica mista di carboncino, grafite e china, si alternano a dipinti a olio su tela che raccontano il percorso di introspezione che ha fatto dell’artista un uomo rinnovato, sempre alla ricerca di una semiotica dei segni e di una semantica delle parole. Una piccola installazione, infatti, raccoglierà alcuni diari d’artista che Maran ha riempito nel corso degli anni con poesie, schizzi di ritratti, segni immutabili del tempo per arrivare ad approfondire quei volti di fanciullo diventato uomo, già in tenera età. Il colore viene rappresentato dalla sfumatura sui lineamenti del viso, un segno che sembra tracciare già una precoce senilità nel bambino ritratto, quasi a suggerire un incontro di emozioni tra rabbia, dolore e un’antica malinconia. Sentimenti non vissuti in chiave negativa, ma al contrario accolti come flusso inevitabile di un processo di crescita che porta l’uomo prima e l’artista poi a indagare il caos come punto di appoggio per trovare in seguito un proprio posto nel mondo. Questo processo di cambiamento e di scoperta si trasmuta nei disegni in bianco e nero, dove quel caos trova una stasi, si immola al silenzio dell’immobilità per poter affidarsi all’inevitabile metamorfosi del corpo e di tutto il suo abitare.
“Inizialmente, due figure vengono rappresentate all’interno di una stessa tela – scrive il curatore Francesco Grazioli – in un secondo momento i soggetti si trasformano in un dittico. La serie trova infine apice nell’autoritratto: un solo soggetto che rappresenta al contempo un urlo di speranza e di dolore, di conquiste e fallimenti.” La sintesi del percorso stilistico di Maran si compie dunque sempre attraverso i disegni che ha svolto in due anni, dai quali ha ricavato schizzi, studi e sperimentazioni per ricercare un segno più libero e scardinarlo da quell’immobilità necessaria per innalzarsi a una nuova percezione della vita e dell’arte.

Riproduzione riservata © Il Piccolo