Trieste, l’Onegin apre la stagione del "Verdi"
TRIESTE. Si alza il sipario venerdì 17 novembre, alle 20.30, sulla stagione lirica e di balletto del Teatro Verdi di Trieste. Sarà l’Evgenij Onegin di Čajkovskij a inaugurare il nuovo cartellone, in un allestimento del Teatro dell’Opera di Stato di Sofia, per la prima volta in Italia, firmato dalla regista Vera Petrova, con scene di Alexander Kostyuchenko e costumi di Steve Almerighi. A dirigere l’Orchestra e il Coro della Fondazione, quest’ultimo preparato da Francesca Tosi, ci sarà Fabrizio Maria Carminati, che a Trieste affronta per la prima volta la partitura dell’Onegin.
L’opera, che lo stesso Čajkovskij definiva come una sequenza di «scene liriche in tre atti e sette quadri», è una suggestiva e libera trasposizione dell’omonima opera di Puškin, di cui il compositore curò personalmente l’adattamento a libretto. L'idea di comporre un'opera sul soggetto dell’Onegin venne data a Čajkovskij da una cantante sua amica nel maggio 1877 e, dopo una breve perplessità iniziale, il musicista si lasciò prendere dall'entusiasmo: Čajkovskij infatti riteneva che il poema di Puškin non fosse adatto a una rielaborazione teatrale, in quanto carente di azione, e cercò di trasformare questo potenziale punto debole in un punto di forza. Approfittando della grande popolarità del testo, la cui conoscenza da parte del pubblico russo può essere data per scontata, il compositore decise di non trattare la vicenda in modo lineare, ma di limitarsi a metterne in scena alcuni frammenti, snodi chiave in cui l'interesse lirico e psicologico è superiore al contenuto drammatico.
Nella sua elegante regia, Vera Petrova, giovane professionista dalla carriera internazionale, pur restando legatissima al suo paese d’origine, la Bulgaria, dove da diversi anni ricopre il ruolo di Deputy Director dell’Opera di Stato di Sofia, ha immaginato la rappresentazione dell’opera come se fosse un sogno. «La vita, infatti, è un sogno che scivola via tra le dita come granelli di sabbia. Evgenij Onegin sta vivendo un sogno in cui la sua esistenza sembra partire dall’inizio per ritornare al momento in cui lui e Tatiana non trovano un punto d’incontro. Un sogno in cui egli vive un flashback della sua intera vita, che l’ha travolto, gli è passata oltre e ha dimenticato dove sta andando».
La direzione di quest’opera così profondamente romantica – venne composta nel 1877-78, e andò in scena per la prima volta nel 1879 – viene affidata a Fabrizio Maria Carminati, che anche quest’anno inaugura la stagione triestina, dopo i successi dello scorso anno in Rigoletto (novembre 2016) e Tosca (giugno 2017).
In scena, un cast internazionale di giovani interpreti. Per la prima volta sul palcoscenico triestino, ci saranno Valentina Mastrangelo nel ruolo di Tat'jana, Anastasia Boldyreva in quello di Ol'ga, Cătălin Ţoropoc nella parte di Onegin e Tigran Ohanyan in quella di Vladimir Lenskij. Nel ruolo di Larina ci sarà Giovanna Lanza, la vecchia balia Filipp'evna sarà interpretata da Alexandrina Marinova Stoyanova-Andreeva, il principe Gremin da Vladimir Sazdovski. Completano il cast Roberto Gentili (Zaretskij), Dmytro Kyforuk (Triquet, un maestro di francese), Hiroshi Okawa (un capitano delle guardie).
Nella seconda compagnia, Alexandra Grigoras sarà Tat’jana, Anna Evtekhova sarà Olga, Alexey Zhmudenko coprirà il ruolo di Onegin, Motoharu Takei quello di Lenskij, mentre Alexey Birkus sarà il principe Gremin. Si replica fino a sabato 25 novembre.
Valentina Mastrangelo sarà Tat’jana. La giovane cantante italiana, che ha vissuto e si è formata in diversi paesi europei (sebbene affermi «per me casa è un posto solo, Vallo di Diano, in provincia di Salerno»), debutta a Trieste per la prima volta nell’Onegin.
Cosa le sta regalando questo ruolo?
«Sarò Tat’jana per la prima volta, canto in lingua russa per la prima volta e debutto a Trieste. È quindi un ruolo che rappresenta per me una sfida e un significato particolare. Per quanto riguarda il russo, mi sono preparata a lungo, una full immersion lunga un’estate: il russo è una lingua ricca di musicalità, in cui le vocali valorizzano il suono, proprio come l’italiano».
Che tipo di eroina è Tat’jana?
«Tat’jana è un’eroina di grandissima forza. È un personaggio che mi porta nel romanticismo, in cui ho sempre sognato d’immergermi. Una donna di grande determinazione, in grado di rinunciare all’amore della sua vita per salvaguardare il suo onore e quello del marito, principio fondamentale nella Russia di fine ’800».
Le assomiglia?
«Direi proprio di sì. Quando ho visto per la prima volta l'altalena sul palco ho pensato subito alla mia infanzia: cantavo tutto il giorno sull'altalena immersa nella natura; per i miei principi penso che avrei agito allo stesso modo di Tat’jana».
Che ricordo avrà di questa prima triestina?
«Una bella emozione. Non ho mai aperto una stagione. Nel lavorare in questi giorni a Trieste provo un forte senso di responsabilità e anche di gratitudine; per me è una sfida e un grande onore».
L'aspetto più sorprendente dell’Onegin?
«Da un punto di vista della storia, è sicuramente il finale, pieno di verità: il pubblico scopre alla fine due personaggi, forti, veri, genuini, sorprendenti per come li avevamo conosciuti fino a quel momento. Musicalmente è una scoperta continua, l’orchestrazione dell’Onegin è ricca e straordinaria. Per me, che vengo dal repertorio del bel canto, da Mozart a Rossini, è un’esperienza forte, che non smette di incantarmi».
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