Trieste, “Il fu Mattia Pascal” al Bobbio traspone Pirandello sul palco teatrale
Nella serata di oggi 31 gennaio alle 20.30 al Teatro Bobbio è in scena “Il fu Mattia Pascal”, un adattamento del celebre romanzo di Luigi Pirandello, prodotto dal Teatro Ghione, con Giorgio Marchesi nei panni del protagonista e anche alla regia, insieme a Simonetta Solder.
Marchesi, volete offrire una rilettura originale e contemporanea del classico pirandelliano.
«Sì, sperimentando un linguaggio accessibile a tutti, in particolare alle nuove generazioni. Ho pensato anche di toglierlo dal 1904 e di collocarlo invece in uno spazio temporale più vasto e non definito, come io amo fare, in uno spettacolo di parole, luci e musiche, scritte ed eseguite dal vivo da Raffaele Toninelli, più classiche quando c’è Mattia, più elettroniche quando c’è Adriano Meis».
Il suo Mattia Pascal è fragile, profondamente umano e ironico.
«Leggendo il romanzo ho trovato molta ironia sin dalla premessa, in cui il protagonista annuncia che, su consiglio del suo amico bibliotecario, ha deciso di mettere per iscritto il suo caso, la sua strana vicenda, per poi lasciare il manoscritto nella biblioteca dove lavora, con l'obbligo di aprirlo solo cinquant'anni dopo la sua terza, ultima e definitiva morte. Se ci pensa accade anche a noi di raccontare qualcosa che ci è accaduto tanti anni prima e di poterlo fare con un sorriso sulle labbra, poiché, a quel punto, lo abbiamo superato in qualche modo».
Mattia, come molti oggi, desidera non solo una seconda possibilità, ma “abitare” una persona nuova, diversa, sconosciuta, nel suo caso Adriano Meis.
«“Mi trasformerò con paziente studio sicché, alla fine, io possa dire non solo di aver vissuto due volte, ma di essere stato due uomini diversi”, gli fa dire Pirandello. E i temi trattati, come il rapporto con l'identità, e la crisi connessa, la rinascita e la solitudine sono ancora più attuali oggi, nell'era dei social media e dei profili falsi. Prima avevamo una sola identità, ora, di virtuali, è possibile non inventarne soltanto una, ma anche a decine. E anche chi non si costruisce un profilo fake comunque omette parti di sé o mostra, di solito, soltanto quelle che considera vincenti».
Perché, come se fosse un attore, ma sul palcoscenico della realtà, Mattia entra nei panni di Adriano Meis?
«Fondamentalmente per fuggire da un'altra realtà, la sua, che non gli piace, dalla sua situazione famigliare, dal dolore per la perdita delle due figlie, da un lavoro che non gli interessa e dai debiti. Ha l'occasione di vincere al casinò ed è indeciso sul dal farsi, ma, quando scopre che hanno scambiato per lui un cadavere trovato al mulino, pensa di non esistere più per le persone che ormai lo credono morto. E sente che questa può essere per lui una grande libertà. Per un periodo la vive, la sfrutta, viaggia, va in giro in città in cui può rimanere un ignoto visitatore, senza che la gente si accorga di lui».
Però, dopo averne vissuto il vantaggio, scopre una grande solitudine in tutto questo.
«Non può sposare la donna di cui è innamorato, sebbene lei ricambi i suoi sentimenti, viene derubato di parte del suo denaro e non può sporgere denuncia. La grande sofferenza lo porta quasi a tentare il suicidio, ma infine, invece, “uccide” Adriano e rinasce nuovamente come Mattia, anche se scoprirà che nella sua vecchia vita, mentre ne “abitava” un’altra, delle cose sono cambiate”».
Biglietti anche su vivaticket, informazioni allo 040.948471 e su www.contrada.it e sulla App della Contrada. —
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