Trieste Film Festival cresce: più 20% in sala

La manifestazione si chiude con un bilancio positivo, tra anteprime, sold out e ospiti come Monica Bellucci e Marco Bellocchio
Il pubblico gremito del Trieste Film festival
Il pubblico gremito del Trieste Film festival

TRIESTE. Trieste Film Festival cresce. È cresciuto e può crescere ancora. Lo dimostra l'edizione appena conclusa, la 28° e la prima a ricadere sotto la doppia direzione artistica di Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo, dieci giorni ricchi di proiezioni, eventi, workshop, mostre e ospiti, tra cui una grande star internazionale come Monica Bellucci, l'indiscusso maestro Marco Bellocchio, senza trascurare nomi di punta della cinematografia mondiale, come Cristi Puiu e Vitalij Manskij, per la felicità dei cinefili più rigorosi. Risultati alla mano (presenze aumentate del 20%, svariati sold-out, 120 titoli presentati tra premiere assolute e anteprime italiane e molto ancora), quella che ieri si è chiusa può essere considerata una sorta di edizione zero, il "reboot" di un evento che, poggiando su basi solide e ben consolidate, ha saputo comunque reinventarsi, compiendo lo sforzo necessario per adeguarsi al presente con una formula vincente.

 

Monica Bellucci premiata al Trieste Film Festival

 

Se si può parlare di "restyling", lo si deve al lavoro degli ultimi anni, orientato man mano a scrostarsi di dosso quell'etichetta di "seriosità" che ammantava la manifestazione, soprattutto negli anni in cui affacciarsi alle cinematografie dell'est significava giocoforza scoprire gli effetti che guerre e dittature avevano o avevano avuto su quei paesi. Il festival di oggi, decisamente più giovane e "pop" rispetto al passato, rimane fedele alla propria identità e alla propria missione di osservatorio sul cinema dell'Europa centro-orientale, ma dimostra la volontà di aprirsi a ogni tipo di pubblico, senza scontentare nessuno. E se c'è meno spazio per la "scoperta" rispetto a un tempo, l'offerta in compenso è più vasta.

 

 

Se n'è accorto il pubblico, molto più eterogeneo, oltre che numeroso. Pubblico cittadino attratto dalla varietà della proposta, e pubblico di accreditati e addetti ai lavori provenienti da ogni parte d'Italia e d'Europa. Per di più, non c'è produttore o programmatore festivaliero al mondo, che non associ immediatamente il nome di Trieste a "When East Meets West", spazio in cui TSff favorisce le nascita di coproduzioni internazionali. Un successo, insomma, per una manifestazione che dimostra di avere tutte le carte in regola per essere riconosciuto come grande evento della città.

 

Stravince Mirjana Karanovic con “A good wife”
L'attrice e regista serba Mirjana Karanovic

 

L'oggetto giusto al posto giusto, con un'«identità precisa - come ha sottolineato Marco Bellocchio dal palco della Tripcovich - il che non è poco in mezzo a tanti festival che non si sa bene cosa siano», auspicando l'adeguato sostegno da parte delle istituzioni.

Un'identità che non appartiene solo al festival, ma a tutto il territorio. Perché, allora, non provare ad allargare i confini di Trieste Film Festival oltre la “cittadella del cinema” che si estende tra il Miela e la Sala Tripcovich, magari sfruttandone le potenzialità attrattive, turistiche e commerciali? Valorizzando l'esistente e creando sinergie, anziché perpetuare all'infinito lo sterile dibattito sulla creazione di un nuovo grande evento, in un momento, per giunta, in cui le risorse economiche sono limitate. Prendendo a modello quanto già accade a Udine durante il Far East, senza andare troppo lontano, quando il centro urbano ospita bancarelle e mercatini che offrono sapori e impressioni d'oriente.

 

E la diva Monica Bellucci conquista tutti FT/VD
Monica Bellucci ieri sera al Trieste Film Festival (fotografia di Andrea Lasorte)

 

Non solo non è impossibile, ma neanche difficile da immaginare. E basterebbe poco: vetrine a tema, matrioske formato "xl" - magari reinventate dagli artisti locali - sparse qua e là agli angoli delle strade (come i nanetti di Breslavia), nelle piazze o nei caffè del centro. Fisarmoniche, centrini, foulard tradizionali e pentoloni di gulash in quantità. Si potrebbero persino destinare le "casette" dei mercatini di Natale (e la collocazione in Ponterosso sarebbe l’ideale) alla vendita di artigianato dell'est europeo. Sarebbe un segnale importante di partecipazione e di condivisione, il segnale che qualcosa di importante sta accadendo in città. Ed è una festa per tutti.

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