Trieste, “Così vicino” con Lara Komar indaga la trasformazione antropologica del presente
Lo spettacolo di Luca Quaia inaugura l’anno del Teatro Stabile Sloveno. Al via venerdì
Ce la faremo a essere più umani? Il Teatro Stabile Sloveno inaugura l’anno nuovo con lo spettacolo “Tako bližji” (Così vicino) in scena al ridotto dal 10 fino al 26 gennaio in lingua slovena (sovratitoli in italiano). Una produzione del TSS e La Contrada. La pièce è stata scritta e diretta da Luca Quaia che ha affidato le sue parole all'attrice Lara Komar. La voce registrata è di Nikla Petruška Panizon. Musiche e suoni di Francesco Sgrò, costumi di Antonella Caprioli. Traduzione di Janko Petrovec.
Un monologo che analizza la paura del diverso in una società sempre più multietnica. È la storia di una giovane donna, molto “social”, al passo con i tempi, aperta ai cambiamenti, fino a quando non trasloca e scopre che il suo vicino di casa è un nero.
«Quando ho scritto questo testo – ha spiegato Quaia durante la conferenza stampa tenutasi ieri mattina – avevo davanti diversi quotidiani. Non ho inventato nulla: tutte le cose che la protagonista dice sono successe davvero».
Lo spettacolo ha debuttato in lingua italiana nel 2023 al Teatro dei Fabbri e l'anno seguente in sloveno al Kulturni dom di Gorizia. «Non vedo l'ora di rimetterlo sul palco – ha detto Komar –. Quando uno spettacolo è pronto il desiderio più grande è quello di portarlo avanti, farlo crescere insieme al pubblico».
È un racconto che parla dell'importanza delle relazioni, del contatto con l'altro. «Il problema è che stiamo attraversando una mutazione che io definisco antropologica – ha sottolineato Quaia –. Una volta la realizzazione di sé passava attraverso la relazione: si metteva su famiglia, si facevano dei figli. Questo imponeva una relazione con la società, creare il futuro. Adesso la realizzazione di sé passa attraverso la realizzazione di se stessi. La protagonista dello spettacolo ha queste problematiche: le sue relazioni sono filtrate attraverso i social». Ecco che dovremmo imparare dalla storia. «Ad un certo punto prende un libro con una dedica e attraverso la storia capisce cosa è successo a quelli che c'erano prima di lei».
La tecnologia, se subita passivamente, può far confondere i confini tra reale e virtuale.
«Lo stravolgimento che succede alla protagonista – ha raccontato Komar – è anche legato alla percezione dello spazio. Ci troviamo in un momento storico in cui non ci accorgiamo di quanto sia grande il mondo: abbiamo la possibilità, attraverso i social, di contattare il mondo intero, stando fermi, ma non ci accorgiamo quanto realmente esso sia grande, perché il contatto è filtrato. Ci sentiamo protetti nel nostro spazio, ma in realtà non tocchiamo niente. I sensi non vengono più usati, cosa che invece avviene se usi lo spazio in modo naturale. Di conseguenza, quando ti capita di uscire di casa e – in questo caso – cambiare appartamento, senti odori, vedi persone diverse, ma non sei pronto. Quando quel mondo arriva hai paura e ti blocchi. Ed è quello che succede alla protagonista. Ce la farà? Questo spettacolo è un augurio di speranza. Siamo tanti in questo mondo, riusciremo a fare qualcosa? Io credo nell'umanità». «Nonostante tutto la vita va avanti» – ha concluso il direttore artistico Danijel Malalan.
In scena a gennaio: 10, 11, 18, 24, 25 alle ore 20; mentre il 12, 19, 26, alle 16. —
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