Trieste, Bollani star nella notte degli Oscar fantastici

Stasera al Rossetti la cerimonia di assegnazione dei Méliès d’or poi il concerto del pianista sulle immagini di film muti

Al Rossetti via al Trieste Science Fiction festival

TRIESTE. Chi ha inventato il cinema? I francesi fratelli Lumière. E chi la fantascienza cinematografica? Il francese Méliès. E chi ha vinto l’Astronave d’oro al primo Fantafestival triestino? Il francese Chris Marker. Vive la France, dunque, anche a questo Science+Fiction! La Francia sarà citata stasera con i Méliès d’or al “FantaBollani” (alle 21 al Rossetti), quando verranno assegnati gli Oscar del cinema fantastico europeo scelti dall’European Fantastic Film Federation. E la Francia è stata protagonista ieri con tre film, “Alone” di David Moreau, “Cold Skin” e “Hostiles” rispettivamente diretto e prodotto da Xavier Gens. Quest’ultimo, uno dei più interessanti registi di genere d’oltralpe, è un habituè di Science+Fiction dopo gli osannati “Frontiers” (2007) e “The Divide” (2011).

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Xavier Gens, "Cold Skin", come "Frontiers" e "The Divide", è ambientato in uno spazio chiuso e isolato. È attratto da questo tema o è una questione di budget?

«È una pura coincidenza. Mi piace raccontare storie sulla natura umana. Quando realizzo un film di genere ho bisogno di collegare l’orrore e la paura della vicenda alla natura umana. Lo spazio circoscritto aiuta a giustificare la violenza. Non mi piace mostrare la violenza e l’orrore se non sono ben motivati».

"Frontiers" ha un prologo politico sugli scontri nelle banlieu, mentre il contesto di "The Divide" e "Cold Skin" è più astratto. Quanto vogliono essere politici i tuoi film?

«Tento sempre di dare un significato ai miei film, e come negli anni ’70 uso il genere per dire qualcosa sulla società e sulla natura umana. Esploro le zone oscure per far riflettere il pubblico su di esse. I miei film possono essere visti come puro spettacolo, ma non voglio portare lo spettatore in luoghi confortevoli. Preferisco prendermi dei rischi, e anche se al pubblico non piacciono certe strade, io le prendo. La cosa più importante per me è sperimentare. Mi piace ricreare le situazioni angosciose della nostra società, più che regalare spaventi facili. In ‘Cold Skin’ parlo dell’evoluzione, di Darwin, della colonizzazione e di come il genere umano sia spaventato da ciò che è sconosciuto, tanto da preferire di distruggerlo invece che provare a comunicare».

Lei è anche produttore a questo festival con “Hostiles”. Cosa significa oggi produrre in Europa cinema di genere?

«È molto difficile oggi produrre, ma tento di farlo più che posso. È importante essere attivi oggi nel cinema di genere perché è un laboratorio che rivela futuri talenti. E preferisco credere nei nuovi talenti piuttosto che nelle mode. È un piacere scoprire nuove personalità, registi e sceneggiatori emergenti. Ho avuto questa chance dieci anni fa e voglio offrirla ad altri».

A Trieste lei torna per la terza volta?

«È un luogo importante dove mostrare i film, anche perché l’Italia è la culla del cinema di genere in Europa. Qui sono stati realizzati alcuni dei più incredibili film della storia del cinema. Sono un grande fan di Mario Bava e Dario Argento, ma anche di Fellini, Antonioni e di ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’ di Gabriele Mainetti. L’Italia è molto importante per me ed è un onore presentarvi il mio nuovo film».

 

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