“Algoritmo” al teatro Bobbio di Trieste: una riflessione sull’Intelligenza artificiale e noi
La comicità dark di De Robbio e Luisi si interroga sull’umanità della macchina
L’intelligenza artificiale ha volontà e sentimenti? E, al di là delle distopie che può creare, come può essere usata in modo costruttivo? Sono alcuni degli interrogativi al centro di “Algoritmo”, progetto di teatro fisico, comico con sfumature dark, di Andrea De Robbio e Anselmo Luisi e che si apre tra l’altro ad un dubbio ancora più grande, ovvero se siamo noi ad impartire ordini all’intelligenza artificiale, o se in fondo non avvenga il contrario. I due artisti porteranno al pubblico una tappa del loro progetto oggi, 19 dicembre, alle 18 al Teatro dei Fabbri.
È l’ultimo appuntamento pre-natalizio, a ingresso gratuito, con le Residenze artistiche/Artisti nei Territori della Contrada, realizzate con il sostegno della Regione e del Ministero della Cultura e con la collaborazione del Comune di Trieste. Quello dell’intelligenza artificiale è un tema attuale, in rapida evoluzione, affascinante quanto controverso. È un mondo che si fonde al nostro, alla nostra realtà, quotidianità, alle nostre pratiche, ma che si innesta anche nel nostro immaginario, accendendo curiosità e inquietudini. E ci fa anche da specchio secondo De Robbio e Luisi.
L’uno poeta, attore, drammaturgo, regista e trainer di teatro fisico, l’altro batterista, performer e body percussionist portano in scena un’intelligenza artificiale clownesca che trascina gli spettatori nel suo mondo musicale-surreale, eseguendo ordini ed esaudendo desideri. E “Algoritmo” si chiede anche come sarebbe l’intelligenza artificiale se fosse umana. I due artisti hanno continuato a lavorare al loro progetto di spettacolo come ospiti della Contrada, mescolando l’immaginario del clown con atmosfere alla “Black Mirror”, celebre serie britannica che getta una luce oscura sul nostro futuro.
In “Algoritmo” un unico, misterioso, personaggio sembra non saper parlare, eppure riesce a comunicare con il mondo. Di sicuro è intelligente, a suo modo, e una voce esterna gli impartisce ordini incessantemente, senza tregua, senza respiro. Lui è felice di esaudire ogni desiderio, schiavo accomodante, servo felice, costantemente alla rincorsa della perfezione. E in scena si intersecano più ritmi, dell’uomo, della macchina e della musica. «Il nostro lavoro guarda anche ai parallelismi tra gli umani e l’intelligenza artificiale – spiega Andrea De Robbio – e quest’ultima diventa un po’ specchio della nostra contemporaneità, in cui noi stessi siamo sempre a disposizione, sotto la pressione di una voce che ci chiede di migliorare le nostre prestazioni. Ma così ci dimentichiamo delle cose essenziali e care. Questa schiavitù imposta è subita dall’intelligenza artificiale, ma è anche la nostra. E, se siamo troppo stanchi o impauriti, può diventare un’arma contro gli altri».
La frase – o la sentenza - che accompagna il personaggio fino alla fine è “Migliora le tue prestazioni”, in un crescendo di ordini e azioni sceniche, fino al momento in cui la voce esterna lo spingerà al suo limite. Ed è così che i temi interconnessi dell’obbedienza, dell’ordine e dell’autorità fanno da cornice a tutto lo spettacolo.
E, come in “La Banalità del Male” di Hannah Arendt, la responsabilità della violenza si perde nelle maglie dell’autorità, al punto da lasciare il dubbio se sia da attribuire a chi impartisce l’ordine oppure a chi lo esegue. —
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