Trieste, ai Mille Occhi il primo film lesbico del cinema VIDEO
TRIESTE. Ancora una volta curiosi di esplorare pregi e aspetti meno conosciuti di opere sbrigativamente definite provocatorie del cinema di ieri e di oggi, I Mille Occhi aprono la settimana festivaliera (fino al 23 settembre al Teatro Miela) con quello che è considerato il primo film lesbico della storia del cinema: “Ragazze in uniforme” (Mädchen in Uniform), del 1931, è un cupo melò sulle vicende all'interno di un collegio prussiano frequentato da figlie della borghesia, vissute tra l'autoritarismo più oppressivo e l'imperativo secondo cui la forza si raggiunge solo attraverso la sofferenza.
Girato con un rigore stilistico che stupì, essendo la regista Leontine Sagan un'ex attrice di teatro principiante assoluta dietro la macchina da presa, il film è considerato una pietra miliare del cinema tedesco, facendo da apripista al tributo curato da Olaf Möller al tedesco Frank Wysbar, di cui il festival proporrà, oggi alle 20.45 e domani, le regie più rappresentative. Nel film la ferrea disciplina militaresca imposta dalla direttrice otterrà come risultato l'esatto contrario, come osservò Callisto Cosulich, inasprendo al massimo la tensione sessuale.
Una tensione che segna anche l'opera dell'eclettica artista franco-statunitense Niki de Saint Phalle che i Mille Occhi, come festival internazionale del cinema e delle arti hanno voluto al centro della serata di sabato. Se magari il nome non risulterà notissimo ai più, ci sono quasi familiari le sue coloratissime bocche e note musicali che popolano la Fontana Stravinsky al Beaubourg, per non parlare dei suoi inconfondibili, enormi nudi femminili, le Nanas, o il monumentale Giardino dei Tarocchi a Capalbio. Dirompente, poliedrica, fu scultrice, pittrice, regista, unica artista donna del movimento tutto maschile del Nouveau Réalisme.
A introdurre le sue due uniche regie tra cui “Daddy”, uno dei più provocatori film erotici degli anni '70, è stata un'ospite d'eccezione, Laura Duke Condominas, figlia della Saint Phalle e protagonista nei panni di Ginevra nel “Lancillotto” di Robert Bresson. «Non avevo più visto il film da 40 anni – racconta – ed ero molto curiosa, ero troppo giovane per capirlo appieno: il fatto di rivederlo l'altra sera ai Mille Occhi ha fatto conoscere nuovi aspetti. C'è poi un libro scritto da Niki a cavallo tra i due film che mi ha dedicato, “Il mio segreto”: con tutte queste nuove informazioni ho cambiato completamente ottica, e ho trovato “Daddy” molto coraggioso, coerente, completamente autentico. Lo trovo quasi un manifesto, una “fiaccola” del femminismo degli anni 70 che include una complessa e coraggiosa rappresentazione dell'ipocrisia della famiglia nella quale è cresciuta».
Nella fase adulta della vita l'artista soffrì di artite reumatoide «nella forma che però hanno i bambini», puntualizza la figlia, fatto che è stato ricondotto a quello che le accadde da piccola. “Daddy”, infatti, ha rappresentato una sorta d'incredibile autoanalisi, facendo riemergere gli abusi che, appena 11enne, subì dal padre e di cui non aveva mai avuto alcuna consapevolezza prima di girare il film. «Rispetto alla sessualità – commenta ancora Duke Condominas - trovo il film quasi pudico, nell'espressione di tutta la parte emotiva di lei bambina, che testimonia il passaggio da una donna violata ad una finalmente emancipata. Nonostante tutte le ovvie difficoltà del caso, trovo sia stata onesta e coraggiosa e così facendo ha regolato, finalmente, tutti i conti con suo padre».
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