Tre milioni di emigranti nella Romania del dopo Ceausescu

La cortina di ferro congelò le migrazioni tra Est e Ovest europeo. Ciò per alcuni decenni. E il tema ben si è innestato in quello di èStoria 2018: “Migrazioni”. Ma l'attesa presenza al festival, alla...

La cortina di ferro congelò le migrazioni tra Est e Ovest europeo. Ciò per alcuni decenni. E il tema ben si è innestato in quello di èStoria 2018: “Migrazioni”. Ma l'attesa presenza al festival, alla tenda Apih dei Giardini pubblici, di Petre Roman (foto) ha consentito di focalizzarsi sul suo Paese, la Romania, visto che Roman ne è stato primo capo di Governo del dopo Ceausescu. Con lui, per “La fine dell'Europa divisa?”, si sono confrontati Luca Gorgolini, storico, esperto di fenomeni migratori, e il giornalista Stefano Mensurati. Non si è andati molto a pescare nel torbido dell'era Ceausescu e di sua moglie Elena, fucilati nel dicembre 1989 durante la rivoluzione. Piuttosto, si è parlato di come la Romania, dal 2003 al 2016 abbia contato 3milioni di emigranti e 1,5 milioni di immigrati (per lo più da Moldavia, Ucraina, Arabia), di come il tasso di disoccupazione sia estremamente basso e di come invece il suo indice di crescita abbia ritmi cinesi. I problemi, che non mancano mai, sono invece dati per esempio dalla mancanza di manodopera, dalla formazione professionale, che rappresentano un ostacolo al rilancio economico della Romania di oggi, Paese che dopo il collasso del Blocco Sovietico nel 1989-91, è rimasto con una base industriale obsoleta e un paniere di capacità industriali totalmente inadatto ai suoi bisogni. (a.p.)

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