Trabaccolo, bragozzo, lancia: venerdì il porto di Trieste torna indietro di 60 anni
TRIESTE. Vele di tela olona dipinte di rosso e giallo, scafi rotondi, enormi occhi sulle prue, a dritta e a sinistra. Tre storiche barche da lavoro entreranno nelle acque del golfo venerdì prossimo e attraccheranno a pochi metri dallo Scalone reale, proprio di fronte al municipio. La prima è un trabaccolo e si chiama “Barchet”; la seconda è il bragozzo “San Nicolò”, la terza la lancia “Tre sorelle”.
Appartengono tutte al Museo della Marineria di Cesenatico che le ha salvate dalla distruzione, le ha restaurate amorevolmente e le fa navigare sulle rotte commerciali che hanno unito per secoli le coste romagnole, venete, friulane, giuliane, istriane e dalmate.
«Queste imbarcazioni spinte dalla forza del vento hanno cucito l’uno all’altro i porti e i porticcioli del mare Adriatico. Non potevamo lasciarle sparire nel nulla», afferma Davide Gnola, direttore del Museo della Marineria di Cesenatico che ospita tra l’altro nel suo porto canale, un trabaccolo che nell’ultimo periodo della sua vita commerciale - gli anni Sessanta - toccava spesso a Trieste il molo Venezia dove scaricava sabbia destinata ai cantieri edili.
IL “PASCOLI”
Si chiama “Giovanni Pascoli” e il Comune romagnolo dopo averlo acquistato lo ha perfettamente restaurato a beneficio degli storici, degli appassionati del mare e dei turisti. Fra qualche giorno dunque nel golfo di Trieste il calendario sarà riportato all’indietro di 60 anni. Ma sarà solo un momento perché chi voleva realizzare nel canale del PontErosso o in Sacchetta qualcosa di analogo a quanto hanno fatto a Cesenatico, si è trovato di fronte al muro di gomma dell’indifferenza di politici e amministratori.
Le tre imbarcazioni storiche resteranno infatti a Trieste per due giorni, poi riprenderanno la crociera che in precedenza le ha portate a Chioggia e Bibione nell’ambito di quella che è stata definita, in omaggio al porto canale di Cesenatico “la rotta di Leonardo”.
In effetti i trabaccoli sono stati per almeno due secoli i ”Tir“ dell’Adriatico e hanno trasportato spinti dal vento ogni genere di merce. Nei primi anni del Novecento hanno avuto la massima diffusione: basta dire che nel 1912 ben 486 trabaccoli e pielaghi navigavano battendo bandiera austriaca. Poi alla metà degli Anni Venti è iniziato il loro declino, innescato dall’avvento dei motori e scoppio e delle eliche: le vele al terzo sono scomparse, gli alberi si sono accorciati, il bompresso è stato eliminato.
TIR DEL MARE
Negli Anni Cinquanta e Sessanta questi velieri costruiti tradizionalmente con fasciame in legno sono usciti di scena definitivamente dai porti dell’Adriatico. Solo alcuni si sono salvati assumendo il ruolo di imbarcazioni da diporto, di navi scuola e da esposizione storica per ricordare i 200 e più anni in cui sono stati gli indiscutibili protagonisti del trasporto nel nostro mare. Nella loro ampia stiva sono state calate nell’epoca d’oro della vela, le merci più pregiate: olio, vino, ortaggi, farina, riso, frutta. Negli anni del declino i trabaccoli hanno invece trasportato legna da ardere e materiali da costruzione: in particolare sabbia scavata dal letto dei fiumi con un ampio “badilon”, un enorme cucchiaio di tela rinforzato con la rete metallica che lasciava passare l’acqua e tratteneva i minuscoli granelli strappati al fondale. Altri trabaccoli, di dimensioni minori ai 15 metri di lunghezza, sono stati invece usati come imbarcazioni da pesca.
Il “Raffaele”
Il “Barchet” è uno di questi. Secondo i documenti è stato costruito negli anni Venti – probabilmente nel 1925 - sullo scalo del cantiere “Storoni” di Pesaro. Si chiamava “Raffaele” e la sua stazza netta era di 13,98 tonnellate. Nel 1971 era in disarmo nel porto di Cervia dopo 46 anni di attività in mare: fu recuperato e usato per diporto fino al 1978 quando fu acquistato e restaurato dall’Azienda di soggiorno di Cesenatico come primo esemplare del nascente museo della Marineria.
radici antiche
Il bragozzo “San Nicolò” è meno antico. È nato nel 1954 nel cantiere Oreste Ranzato di Chioggia mentre la lancia da pesca “Tre sorelle” è stata varata nel 1959 dallo scalo del cantiere Della Santina di Cattolica. Questi velieri panciuti, che in alcuni esemplari da carico raggiungevano la lunghezza di 30 metri, navigavano da Trieste a Otranto, da Lussino alla Romagna, da Fiume a Grado, da Venezia a Isola d’Istria.
Se il vento si faceva attendere l’equipaggio impugnava lunghi remi e a fatica muoveva lo scafo verso un punto in cui, secondo il comandante, spirava la brezza. La prua e la poppa del trabaccolo e del bragozzo erano rigonfie, il pescaggio minimo e il rapporto tra lunghezza e larghezza ricalcava quello delle navi onerarie romane di duemila anni fa: tre a uno.
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