Torna l’Ulisse di Joyce e svela al lettore la sua musica fra trabocchetti e meandri oscuri

Esce oggi per La nave di Teseo la nuova sontuosa traduzione a cura di Mario Biondi del capolavoro dello scrittore irlandese 

TRIESTE Una nuova traduzione dell'Ulisse. La sfida è stata raccolta e vinta da Mario Biondi che s'è riproposto di coinvolgere autore, traduttore e lettore in un avvincente gioco a tre. Il risultato è un Ulisse interattivo, che sollecita la partecipazione del lettore nelle scelte del traduttore, per scoprire così insieme chi è davvero il multiforme Leopold Bloom (alias Henry Flower, Virag Boom etc etc), camminare con lui per le vie di Dublino che tanto ricordano le strade di Trieste, o entrare nelle fantasie di Molly e nelle elucubrazioni del giovane Dedalus. Arriva infatti oggi in libreria l'Ulisse di James Joyce, pubblicato da La nave di Teseo (pagg. 1056, 25 euro) nella collana Oceani, per la traduzione e note di Mario Biondi, frutto di decenni di lavoro, coronamento di una lunga carriera di scrittore, poeta, critico letterario, narratore di viaggio e traduttore. Mario Biondi, classe 1939, ha pubblicato tanti libri e col romanzo Gli occhi di una donna ha vinto il premio Campiello (1985). È stato recensore di narrativa angloamericana per l’Unità, il Corriere della Sera, Il Giornale e L’Europeo. Oltre a Joyce, ha tradotto B. Malamud, J. Updike, E. Wharton, A. Tyler, I. Welsh, I. B. Singer, W. Golding e W. Soyinka.

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Quella intrapresa con l'Ulisse è stata una sfida all'O.K. Corral, se si pensa che Biondi non appartiene a nessuna coterie di studiosi joyceani e che ha affrontato la sua folle avventura armato solo di professionalità e di un immenso amore per il testo. L'esito è una versione “rivoluzionaria per rigore e freschezza della lingua”. Sì, perché una buona traduzione non deve essere solo fedele, ma deve soprattutto riprodurre in un bell'italiano il suono dell'originale e, nel caso di Joyce, deve cercare di rendere tutti i doppi sensi, i giochi di parole e le allusioni di cui il testo è pieno. Biondi ricrea in un italiano ricco e accattivante i diversi registri usati da Joyce: da quello aulico a quello scurrile, da quello ecclesiastico a quello popolare, riuscendo così ad assecondarne gli sfoggi virtuosistici. Insomma, i “cazzi” abbondano accanto a citazioni poetiche, e allusioni sconce convivono elegantemente accanto ai riferimenti filosofici o teologici.

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Come noto, i diciotto episodi che compongono il romanzo hanno stili diversi e Biondi è geniale nel parodiare i vari stili e epoche, in particolare negli episodi del Ciclope, in Nausicaa, Eumeo e Itaca. La scommessa (rischiosissima) si è rivelata vincente non solo perché Biondi dispone di un sontuoso vocabolario, che usa con sicurezza, ma perché il suo linguaggio è moderno, vivo e pulsante. Tutto questo sarebbe impensabile se dietro a ogni parola non ci fosse stato anche un infaticabile studio dell'immensa letteratura disponibile sull'Ulisse, fino ai più recenti aggiornamenti e scoperte, che hanno permesso a Biondi di cogliere le sfumature di significato nascoste nel testo. Questa sua ricerca di senso è generosamente condivisa con il lettore, che è praticamente coinvolto nelle scelte operate e argomentate dal traduttore. Biondi si propone come un fidus Achates, un compagno di lettura che spiega le vicende di Stephen, poeta mancato, di Leopold, sfigato piazzista pubblicitario, di sua moglie Molly, soprano con la passione per le relazioni extraconiugali e del loro variegato mondo.

Biondi guida il lettore nei meandri più oscuri dell'Ulisse con meticolose note a piè pagina, che spesso indicano più opzioni di traduzione, individuando subito i fili rossi narrativi che percorrono il romanzo e fornendo tutte le chiavi necessarie per entrare nella storia (altri traduttori, come Gianni Celati, hanno miseramente fallito proprio in questo).

Per chi ha già letto l'Ulisse, all'inizio questo spiegare tutto può lasciare interdetti, ma poi se ne è grati, perché in quel mare magnum di allusioni e citazioni nascoste c'è sempre qualcosa da imparare o da scoprire, in particolare quando il testo si presenta in una veste grafica e linguistica inusitatamente chiara e leggibile. Biondi riporta inoltre tutti i riferimenti musicali, anche quelli più mascherati, che fanno letteralmente 'suonare' l'Ulisse. Così oggi basta andare su internet per sentire quelle melodie e rivivere l'esperienza sonora dei primi lettori del romanzo che quelle musiche le conoscevano a memoria perché popolarissime, dall'opera Martha di F. von Flotow, a Maritana di W. V. Wallace alle canzoni dal music-hall come Oh Antonio!

Più d'ogni altra cosa, va dato merito a Biondi d'aver sfatato nell'introduzione la favola che l'Ulisse sia la storia di un padre alla ricerca di un figlio e di un figlio alla ricerca di un padre: Stephen Dedalus non è alla ricerca di nessun padre sostitutivo del suo legittimo squattrinato, alcolizzato, genitore. Mentre Bloom difficilmente potrebbe accettarlo come figlio “elettivo” dopo che, alle premure nei suoi confronti, il giovane lo ha ringraziato con un'offensiva filastrocca antiebraica.

L'Ulisse è un testo colmo di trabocchetti, Mario Biondi li ha schivati quasi tutti, qualcuno lo ha mancato ma, come scrive Joyce, “gli errori sono i portali della scoperta” e se c'è stato qualche sbaglio (come l'inutile scelta di usare anche l'aleatoria edizione on line del Project Gutenberg, non disponibile su molti server) gli può essere generosamente perdonato, perché il risultato finale è notevole. —
 

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