Torna Alberto Ongaro e riempie Venezia di misteri nell’ombra

Si tinge di giallo il nuovo romanzo dello scrittore “Il respiro della laguna” pubblicato da Piemme

di ALESSANDRO MEZZENA LONA

Aveva detto: «Mi fermo qui». Perché dopo “Athos”, uscito nel 2014, Alberto Ongaro era sicuro che non avrebbe pubblicato altri romanzi. Con grande lucidità, a 91 anni compiuti, raccontava: «Le parole non scorrono più fluide. Vedo i segni come una foresta che si muove, che ondeggia». E concludeva: «È finita».

E invece no. Nessuno di quelli che ha amato le sue storie poteva rassegnarsi. Anche perché Alberto Ongaro, veneziano doc, scrittore di romanzi dove la fantasia regna assoluta, ha abituati i suoi lettori a valicare i confini del possibile. A credere in quello che gli occhi spesso non mettono a fuoco, che la ragione fa fatica ad accettare. E infatti, il romanzo nuovo si è materializzato sui banchi delle librerie. Come un regalo di Natale.

«C’era questa storia che mi girava in testa. Mi sembrava buona e ho provato», spiega Ongaro con la modestia che lo contraddistingue. E adesso che ha abbandonato il suo amato Lido per la terraferma, per una casa a Treviso, non poteva che scrivere una storia misteriosa e bella che riporta in vita la Venezia piena di segreti arcani, superstizioni, personaggi unici, leggende. Sì, perché “Il respiro della laguna”, pubblicato da Piemme (pagg. 203, euro 17,50), è ambientato in un tempo sospeso nel tempo. Quando ancora la città non si era consegnata prigioniera al turismo cafone e invadente. Alle navi da crociera, autentici grattacieli naviganti che la guardano appena dall’alto della loro annoiata indifferenza. A una spersonalizzazione che ha cancellato l’anima vera di quel gioiello sospeso sul mare.

E allora, Ongaro lascia camminare la fantasia per le calli strette della Baia del Re. Quella parte di Venezia che un tempo era il regno dei pendagli da forca. E che oggi assomiglia a una scatola di cioccolatini tirata a lucido. Capita che in una casa in fondamenta San Trovaso un giovane uomo venga ucciso a colpi di pistola e suo figlio neonato sparisca nella stessa notte. La moglie poco sa dire dell’assassino rapitore che ha intravisto nel buio mentre fuggiva. Il caso si presenta subito complicatissimo, anche se nel quartiere della malavita non se la sentono di stare dalla parte di chi allunga le mani su un bambino.

Dicono che a Venezia, quando sta per succedere qualcosa di brutto, la laguna si metta a emanare un odore terribile. Pochi ci credono, ormai, ma Damiano Zaguri, capo della squadra Anticrimine, non si permette di prendere a cuor leggero certe superstizioni. Anche perché lui, quando si trova al cospetto di un quadro del suo antenato, che faceva parte nel Seicento dei Signori della Notte, prova a chiedergli consigli. Memore del fatto che proprio il nobile aristocratico Gerolamo, a suo tempo, si era lasciato scappare i responsabili della sparizione del piccolo erede di una contessa.

Non è facile distinguere l’ombra dell’assassino, dell’uomo che ha rapito il bambino, tra le brume e i riflessi inquieti di una Venezia che Ongaro riempie di personaggi ambigui. Ed è impossibile, seguendo la storia de “Il respiro della laguna”, non riandare con la memoria ad altre figure tenebrose dei suoi libri più fortunati. Come la terribile coppia dei fratelli Podestà della “Partita”, il romanzo che lo ha portato a conquistare il Premio Campiello nel 1986. Lui che ha debuttato nella narrativa, dopo lunghi anni a lavorare da giornalista per testate come “L’Europeo”, trovando il coraggio di portare al centro del suo “Romanzo d’avventura” una leggenda vivente come il papà di Corto Maltese: ovvero, Hugo Pratt.

Il capo dell’Anticrimine deve affidarsi alla Fortuna. O meglio, deve seguire il percorso fatto da un amuleto che l’assassino ha perso sul luogo del delitto. Portando in scena una poco credibile veggente, dal nome ancor meno credibile di Natalina Eterno, che indicherà a Zaguri la strada giusta per orientarsi in quel labirinto di falsi indizi e persone che fanno il doppio gioco.

Viaggiatore instancabile, finchè ha potuto, parente stretto dello psichiatra che è entrato con grande intelligenza e umanità nella storia del ’900, quel Franco Basaglia che aveva conosciuto e poi sposato sua sorella Franca Ongaro, Alberto Ongaro costruisce con questo “Respiro” il giallo più bello e originale uscito negli ultimi anni. Dove niente è come appare. Dove arriva alla soluzione del mistero chi sa ascoltare i silenzi, interrogare le ombre, scrutare nel buio.

E poi, come non innamorarsi dei due agenti speciali dell’Antisequestri? Due pasticcioni babbei che ricordano Dupond e Dupont delle avventure di Tintin.

alemezlo

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