Tamara Marini, l’art director triestina che realizza i sogni dei registi Premio Oscar

TRIESTE Disegnare intere vie della Londra vittoriana e ricostruirle a Praga per uno dei massimi registi mondiali. Far ricoprire antiche scalinate di finti sanpietrini in latex perché James Bond possa inseguire i cattivi di turno senza far troppi danni. Curare l'esordio da regista di Angelina Jolie erigendole un hotel dal nulla per demolirlo a fine riprese. O trasformare in realtà i sogni visionari di Lana e Lilly Wachowski, le madri di "Matrix", per di più aggiudicandosi un premio prestigioso conferito dai critici più inflessibili, i colleghi stessi. Si resta senza parole a scoprire che uno dei talenti più attivi e richiesti nel campo della scenografia nel panorama cinematografico internazionale arrivi proprio da casa nostra. Creatività, ingegno, professionalità e un bagaglio culturale di tutto rispetto caratterizzano il percorso di Tamara Marini, triestina art director che all'Istituto d'Arte Nordio ha gettato le basi di una carriera internazionale che non conosce soste.
«Al Nordio, indirizzo architettura e arredamento - racconta Marini, classe '72 - sono seguiti quattro anni di scenografia all'Accademia delle Belle Arti di Venezia quindi il master a Roma al Centro Sperimentale di Cinematografia. Il primo film? Finita la scuola ci hanno cercato per farci fare i volontari sui set: io ho avuto la fortuna che proprio a Trieste si stesse per girare "Nora". Da quel momento non mi sono più fermata, la gavetta è partita da lì». Se di gavetta si può parlare, figurando tra i primissimi lavori di Tamara nientemeno che "Gangs of New York" di un maestro indiscusso come Martin Scorsese. La strada internazionale, da quel momento, si spalanca, con ruoli in produzioni firmate da nomi come Ridley Scott, Ron Howard, Sam Mendes, Guy Ritchie, Anton Corbjin, Richard Loncraine.
Se la triestina mostra un carattere riservato e schivo, è il suo curriculum a parlare, brillando di esperienze da incorniciare. Ha ad esempio realizzato, come si accennava, non solo i disegni che han permesso di ricostruire una perfetta Londra ottocentesca a Praga per la magnifica versione di Roman Polanski di "Oliver Twist", ma anche i mirabili palazzi veneziani ricreati in Lussemburgo per "Il Mercante di Venezia" di Michael Radford, con i premi Oscar Al Pacino e Jeremy Irons. «Sulle strutture abbiamo poi utilizzato tattoo wall per simulare le pareti affrescate, quindi ritoccate dai pittori di scena. Di Polanski, invece, ricordo l'estrema precisione: veniva a controllare i miei disegni ogni giorno».
Tante le location toccate dall'artista, che anche per l'intervista risponde dalle Canarie dove sta girando una nuova serie tv inglese. Sorrento, per "Love is all you need" della regista premio Oscar Susanne Bier, Gozo, teatro del debutto dietro la macchina da presa di Angelina Jolie. «Tengo molto al lavoro per "By the Sea" - sottolinea -, dal lato della scenografia è risultato un lavoro di grande qualità, con questa enorme villa costruita appositamente per le riprese e poi subito distrutta; dal punto di vista registico, Jolie si è rivelata una vera professionista, presente, molto gentile e grata per il nostro lavoro. Anche della Bier ho bei ricordi: aveva da poco vinto l'Oscar per "Un mondo migliore", il nuovo film era piccolo e privo di grosse scenografie: della lavorazione ricordo anche l'incursione della mamma 80enne di Pierce Brosnan che lui, squisito, aveva portato sul set».
C'è anche il deserto del Marocco per l'incursione horror che si è concessa curando da supervising art director le inquietanti scenografie di "Le colline hanno gli occhi" di Alexandre Aja, autore cult francese. «Inizi come disegnatore - spiega - poi passi al ruolo di assistant art director, poi art director quindi puoi diventare supervising art director, l’ultimo step; ogni posizione ha un suo ruolo ben definito e differente l’uno dall’altro, specie nelle grandi produzioni, mentre nelle minori i ruoli sono più fluidi». Marini si trova ora sulla vetta, avendo rivestito il ruolo di supervisor per la nuova superproduzione firmata Michael Bay, autore di blockbuster come "Armaggeddon" e i cinque "Transformers": è "6 Underground», prodotta da Netflix, protagonista Ryan Reynolds.
«Abbiamo girato a Roma, Firenze, Siena e Abu Dhabi - racconta -. È stato faticosissimo, i ritmi di Bay non sono facili. È un regista geniale e complesso, e non si ferma davanti a nulla. Se vuole realizzare un inseguimento di auto in uno dei luoghi più spettacolari ma allo stesso tempo difficili e delicati per la preservazione dell’ambiente non lo ferma nessuno. Impossibile dissuaderlo. Così, preparare l'inseguimento nel bel mezzo di piazza del Campo di Siena mi ha fortemente preoccupata: la paura di infliggere danni c'è sempre, anche se Bay si è rivelato comunque molto rispettoso dei limiti della città, vista la portata del patrimonio da tutelare. Inoltre non avevo mai fatto un action-movie, è la mia prima volta. A parte le corse in auto sul lungotevere di "Spectre". Lì abbiamo studiato a lungo per ricoprire scalinate intere di lamiere, posizionando a loro volta sopra finti sanpietrini di latex per ammortizzare le pressioni delle supercar che si davano la caccia. Quando un regista, ed era Sam Mendes, vuole una scena di quel tipo, sta a noi trovare venti fabbri e metterli a lavorare tutta la notte a foderare di lamiere Roma!». —
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