Svevo e il “mercante di gerundi” Joyce nella Serata Futurista l’amicizia diventa fiction

Due nuovi libri sui rapporti tra gli scrittori, la raccolta epistolare edita da Passigli e il romanzo in inglese “Mare Grega” di Erik Holmes Schneider 

la recensione



La conferenza che Svevo tenne a marzo del 1927 a Milano al circolo “Il Convegno” sull'”Ulisse”, brevi testi su Joyce e la sua opera, una serie di famose lettere che i due grandi autori si scambiarono tra il 1909 e il 1928 e infine la lettera di condoglianze che lo scrittore irlandese inviò a Livia Veneziani quando venne a sapere dell'incidente stradale in cui aveva perso la vita l'amico, sono i testi raccolti nel volumetto “Italo Svevo: James Joyce” a cura di Alessandro Gentili ora pubblicati da Passigli Editori (pp. 142, euro 16,50). Nella loro essenzialità rappresentano un quadro esemplare del rapporto che si stabilì tra Svevo e quel “mercante di gerundii” che fu il suo maestro d'inglese prima e lo strumento della sua fama internazionale poi. Si è a lungo dibattuto sulla natura di questa relazione, che - soprattutto nella prima fase - fu dominata dalla enorme differenza di classe. Però, se Joyce non fu mai ospite in casa Veneziani, dopo esser diventato una star ospitò più volte Svevo a Parigi. Impressiona leggere Svevo scrivere nel '26 a Joyce: “Io sarò a Parigi l'11 o 12 di Luglio. Anche questa volta mi basterà di venir a stringerle la mano”.

Certo a Trieste Joyce non deve esser stato facile da gestire, con le sue continue richieste di aiuti economici, tanto che Svevo fu costretto ad assumerne anche la compagna e la sorella con mansioni di servizio, ma quando potè, l'autore dell'”Ulisse” lo ripagò, generosamente. Dagli scritti trapela una profonda stima reciproca. Nella conferenza del '27 Svevo scrive dell'amico: “s'intende come a noi Triestini sia concesso di amarlo come un poco nostro” e fornisce una profonda quanto acuta lettura del capolavoro di Joyce. Sull'uso del monologo interiore scrive che è come se Bloom e Stephen camminassero “col cranio scoperchiato”. Stephen sembra intrigarlo più di Poldy anche se annota: “Noi amiamo il piccolo ebreo che ci esilara e desta la nostra compassione meglio che il dotto e arrogante Stefano”. In realtà di Stephen comprende l'animo tormentato, le contraddizioni, le conseguenze della formazione religiosa. Preziose le lettere che è sempre un piacere rileggere, come quella di Joyce a Svevo del 5 gennaio 1921 in cui impartisce all'amico istruzioni in triestino per l'invio a Parigi di manoscritti dimenticati a Trieste. Sorprende quanto più moderno appare l'italiano di Joyce rispetto a quello sempre un po' ellittico di Svevo. L'introduzione di Gentili ha il vizio di rifarsi solo alla biografia di Richard Ellman, superata in particolare per gli anni triestini, col risultato che viene riproposta ad esempio la storia d'una “Lucia nata nella corsia dei poveri dell'ospedale civico.”

Una più approfondita analisi del rapporto tra i due scrittori traspare invece nell'ambizioso romanzo di Erik Holmes Schneider: “Mare Grega” (pp. 505, euro 18,05) ora disponibile in lingua inglese su Amazon, in cui lo scrittore americano naturalizzato triestino ricrea un incontro tra Svevo e Joyce sullo sfondo della storica Serata Futurista tenuta da F.T. Marinetti a Trieste la notte del 12 gennaio 1910. Nel romanzo il flusso di “coscienza” è precipuo di Italo Svevo, che s'apre a un'ironica e sofferta narrazione di sè e che, nel corso del libro, sembra quasi confluire nella figura di Leopold Bloom, di cui è una delle fonti ispiratrici. L'incontro notturno tra Svevo e Joyce avviene in un barocchissimo bordello dove si ritrovano tutti i partecipanti alla Serata Futurista. Il monologo finale è affidato alla voce di Stanislaus Joyce, che nel cuore della notte deve recuperare il fratello ubriaco per riportarlo a casa. “Mare Grega” (noto modo di dire triestino per indicare una prostituta) è un tour de force esilarante, un originale contributo che getta nuova luce su Svevo, i suoi rapporti con la sua famiglia e con l'”amico” James Joyce. —



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