Sui “nani” delle Cave del Predil si allungano le ombre della Pison

"Quando salgono le ombre" (Giovane Holden Edizioni) è la nuova opera della scrittrice triestina
La scrittrice triestina Gabriella Pison
La scrittrice triestina Gabriella Pison

TRIESTE. Lupi, vampiri, streghe, ora tocca ai nani.

Dopo “Veleno di lupo”e “La casa matrioska”, esce per Giovane Holden Edizioni “Quando salgono le ombre” della scrittrice, poetessa e medico triestino Gabriella Pison. Ancora una volta l’autrice abbraccia il genere fantasy collocando la sua storia in luoghi che sentiamo vicini. L’intreccio prende corpo ad Auen, villaggio della Carinzia. «Da giovane frequentavo il Tarvisiano – spiega Pison –. I miei genitori avevano un appartamento a Camporosso. Conosco quasi ogni angolo di quelle terre che conservano una certa selvaggia bellezza. Inoltre ho casa in Carinzia. Sono affascinata da quei luoghi». Un amore che si percepisce pagina dopo pagina nello sguardo attento nel raccontare una storia che sembra una leggenda antica capace di incuriosire, sempre però con quella giusta dose di paura e oscurità. Fritz, la “guida”, cercherà in tutti i modi di capire che mistero ruoti attorno a delle biciclette un po’ curiose sbucate in paese. Incontrerà figure particolari, ascolterà storie, cercherà la verità, scoprendo un mondo oscuro: quello dei nani, una popolazione infida con radici nell’impero austroungarico.

«Parecchi anni fa – prosegue l’autrice – in un dicembre povero di neve ma ricco di pioggia, non potendo sciare, sono andata a visitare il primo Museo della Tradizione Mineraria a Cave del Predil, animata da una certa curiosità. Un giovane geologo ci ha raccontato delle vicende che hanno caratterizzato la storia della miniera, tra cui il fatto che tra i primi lavoratori nelle cave ci fosse proprio un gruppo di nani che bene potevano lavorare nei piccoli cunicoli».

I nani, creature leggendarie collegate all’Oltretomba e custodi di segreti hanno stimolato la sua fantasia, come il suo amore per Tolkien e le leggende come quella del misterioso lago di Raibl. Altre presenze inquiete si fanno spazio tra le pagine del suo libro: le ombre. «Volevo contrapporre ai nani, molto carnali, una presenza quasi metafisica. Rappresentano l’inconscio, la paura, il buio. Le Ombre le chiamo anche i Grandi trasparenti, per esprimere la possibilità che il buio non sia sempre così nero». Un modo di scrivere che attinge alla professione di Gabriella, ovvero la medicina: «È diventata parte del mio Dna. Sono stata talmente immersa nella mia professione, tanto da portare nella vita quotidiana gli strumenti che uso nella medicina: la razionalità, un rigore metodologico, far sì che per ogni evento sia possibile riconoscere una causa. Devo sempre risolvere il problema anche se si tratta di una storia di fantasia!». —




 

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