Storie e misteri della caccia nella Contea di Gorizia dal Medioevo alla Grande guerra

I riti, i misteri e le conoscenze sulla caccia nella Contea di Gorizia, che s’intrecciano con la società, la storia, i costumi e l’arte culinaria di quella terra, ma anche di Trieste e di Grado, sono raccolte in un’elegante volume, appunto “La caccia nella Contea di Gorizia” (pagg. 98, euro 14,00) edito da Luglio editore, che sarà presentato oggi alle 17.30 nella sala civica del Municipio di Cormons, a Palazzo Locatelli. Gli autori, Leonardo Formentini e Marco Codermaz, che saranno introdotti da Hans Kitzmüller, ripercorrono, avvalendosi di una prosa chiara e con grande accuratezza, le vicende venatorie dal Medioevo alla Prima guerra mondiale, fermo restando che tale attività venne esercitata nel territorio sin dalla preistoria. Le prime testimonianze risalgono al periodo Mesolitico (10.000/ 6.000 anni fa), quando il mutamento delle condizioni climatiche successive all’ultima grande glaciazione, favorirono l’insediamento umano e crearono l’habitat ideale per la fauna attuale, mentre varie specie animali un tempo presenti, quali il mammut, la renna e l’alce, si ritirarono verso il Nord Europa e altri, come l’orso speleo, si estinsero. Un’analisi sostenuta da vari documenti, come la licenza di caccia del signor Humar, valevole per la Contea di Gorizia e scritta in italiano, sloveno e tedesco. Secondo un concetto multietnico tipico dell’Impero asburgico, il cui vertice, Francesco Giuseppe, fu per altro un appassionato cacciatore, che all’arte venatoria conferì nuove leggi ed etica. La caccia fu esclusiva proprietà dei feudatari fino al 1848, quando, con l’abolizione delle signorie, la potestà dell’esercizio venatorio passò ai comuni, che iniziarono così a trarne beneficio economico, mettendo all’asta ogni tre anni le riserve. Il libro affronta anche il tema delle varie tecniche di caccia e dell’evoluzione delle antiche armi, che proprio nell’Ottocento scomparvero per lasciare il posto alle moderne armi da fuoco ad anima liscia, testimoni di un nuovo corso. E in modo agile ci rende edotti sulla falconeria, l'uccellagione, il bracconaggio e sulle vicende della Società di Diana Cacciatrice, fondata a Gorizia nel 1779, quando la contea era all’apice sotto il profilo culturale e mondano. Ma accanto a raffinate incisioni d’epoca, incontriamo anche curiose e inedite ricette a base di animali selvatici quali il riccio, la volpe e il gatto selvatico, consumate dagli appartenenti al ceto più modesto nelle zone della valle dell’Isonzo, del Carso e della laguna di Grado.
Marianna Accerboni
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