Storia di Maria, infermiera-spia dei partigiani

Nel documentario "Tutte le anime del mio corpo" la regista triestina Erika Rossi ricostruisce una vicenda che lega madre e figlia
Di Elisa Grando

Lorena è una signora di Pordenone che, alla morte della madre, ha fatto una scoperta sorprendente. Nei diari nascosti della donna c'era raccontato con dovizia di dettagli il suo passato segreto da vera eroina della Resistenza che ha salvato la vita a decine di partigiani.

È la storia eccezionale di Maria Antonietta Moro, originaria di Fiume Veneto, cresciuta in una famiglia antifascista, che rischiò la vita come partigiana prima con gli slavi poi con gli italiani, e alla fine della guerra chiuse la sua storia in un cassetto e non ne parlò più con nessuno. Tantomeno alla figlia. A riportarla in vita sullo schermo è il toccante documentario della regista triestina Erika Rossi "Tutte le anime del mio corpo", che il 22 e il 23 aprile volerà in concorso in uno dei più prestigiosi festival europei, Vision du Reèl, a Nyon in Svizzera. Il documentario è un esempio virtuoso di cinema nato e realizzato con risorse transfrontaliere: è prodotto da Marta Zaccaron con la friulana Quasar Multimedia, coprodotto dalla slovena Casablanca Film Production e dalla tv slovena, e sostenuto dal Fondo Audiovisivo, dalla Film Commission Fvg ma anche dal Slovenski Film Center. Il film fa emergere «un dato storico di cui si parla pochissimo: erano migliaia gli italiani antifascisti che aderirono alla Resistenza slava anche prima del 1943, come Maria Antonietta Moro. Ne parla ampiamento nei suoi testi lo storico Eric Gobetti, che ha fatto da consulente al film», afferma Erika Rossi, già regista nel 2012 di "Trieste racconta Basaglia" e con alle spalle un'esperienza decennale da autore di RaiTre con base a Milano. «Mentre la Resistenza italiana inizia a organizzarsi dopo il '43 - racconta Erika Rossi -, quella slava era molto attiva e militarizzata dall'invasione nel 1941, e in modo non formale da ancora prima perché già dal Ventennio gli slavi sul confine subivano le vessazioni del fascismo». Maria Antonietta Moro era italiana, veniva da una famiglia fortemente antifascista che metteva a disposizione casa sua per organizzare azioni e cospirazioni contro il regime. Già nel 1942 era entrata come infermiera nell'ospedale di Gorizia e lì era stata adescata da comandanti sloveni travestiti da polizia tedesca. «Così - aggiunge la regista - ha iniziato l'apprendistato sul comunismo e sulla lotta politica, perché non veniva da una famiglia politicizzata».

Una storia rimasta segreta fino a quando, dopo la morte di Maria Antonietta, la figlia ha ritrovato i suoi dettagliatissimi scritti, poi diventati un libro per la casa editrice Iacobelli di Roma. «Quando ho cominciato a occuparmi di questa storia il diario era ancora inedito - dice Rossi - ma Lorena aveva scritto un articolo in cui ne pubblicava un paragrafo. L'ho conosciuta e ho cominciato un vero e proprio percorso insieme a lei». Il documentario è centrato proprio sulla figlia: Lorena stava facendo i conti col contenuto di quelle pagine che le rivelavano in modo inaspettato che la mamma, ventenne, era stata l'agente segreto sc34, infermiera professionista che somministrava farmaci con i quali otteneva informazioni dai fascisti feriti. Al di là del suo valore di testimonianza, il documentario emoziona proprio nel racconto di un rapporto madre-figlia tutto da rileggere e della difficoltà nel rendere pubblici dettagli di una vicenda intrecciata alla grande Storia, ma pur sempre privata. Il film è straordinariamente intimo, «un percorso di introspezione, con tante interviste solo in audio in cui Lorena si è raccontata quasi come in una seduta psicanalitica», afferma la regista. «Emerge anche come l'eredità della madre si trasmetta nel suo lavoro a fianco dei bambini adottati, che Lorena fa con impeto quasi militante. Sono letteralmente entrata nella sua vita e in quella del marito Andrea, ex professore, filosofo e saggista». Uno sguardo discreto, il suo, intervallato da eccezionali filmati d'epoca sulla guerra e la Resistenza che provengono dai principali archivi dell'ex Jugoslavia, dalla Kinoteka di Belgrado, ma anche in quella di Zagabria e di Lubiana e da tanti archivi privati.

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