Steven Wilson per la prima volta a Trieste

Steven Wilson, importantissima figura della musica internazionale, torna in Italia per due date, a Trieste e Firenze. La prima tappa è martedì al Politeama Rossetti, alle 21. Il polistrumentista e compositore britannico è stato leader, fondatore, chitarrista e cantante del gruppo progressive rock Porcupine Tree con i quali ha realizzato 10 album in studio. Il suo primo lavoro da solista è "Insurgentes" del 2008; “Grace for Drowning” del 2011 ha ricevuto una nomination ai Grammy; “The Raven That Refused to Sing (And Other Stories)” ha vinto il premio “Progressive Album of The Year” ai Progressive Music Awards 2013. Del 2015 è “Hand. Cannot. Erase”. A gennaio è uscito l'ep "4 ½". Racconta Wilson: «In questo tour suonerò per la prima volta in alcune città: Sofia, Istanbul, Trieste. Scoprire posti nuovi è una delle grandi gioie del mio lavoro. L'Italia per noi inglesi ha una mitologia romantica: l'architettura, la lingua, la musica, la cultura, il cibo (io sono vegetariano e non vedo l'ora di venire in Italia perché c'è dell'ottimo cibo anche veg). Della musica italiana mi piace soprattutto quella anni Settanta, conosco la Pfm e gli Area».
Che concerto porta?
«Lo spettacolo è un'esperienza multimediale, non solo musica ma anche visuals e proiezioni, il suono è quadrifonico. Mi accompagnano dei musicisti straordinari. Nella prima parte suoniamo brani da "Hand. Cannot. Erase." e ad esso sono connessi molti visuals. Poi c'è una pausa di venti minuti e quando torniamo sul palco ripercorriamo tutta la mia carriera con canzoni degli anni Novanta, altre dal mio repertorio solista e da "4 ½"».
Il nuovo ep come sta andando?
«Considerando che non propongo musica commerciale bensì underground mi ritengo fortunato perché ho una fanbase molto devota e fedele: tutto quello che realizzo vende molto bene. Mi sento un privilegiato. Ho un pubblico che mi segue anche da vent'anni e continua a comprare i miei dischi».
Le recensioni?
«Non leggo le recensioni men che meno quelle online. Viviamo in un mondo in cui hai potenzialmente migliaia di critiche, chiunque può scrivere in rete. Se sei un artista puoi leggere 100 recensioni: 99 ottime e una cattiva. Beh, ricorderai solo quella. E allora ho imparato tanto tempo fa: non leggere niente. È una distrazione e credo che il vero artista debba essere incurante di questo. L'artista deve scrivere per sé. Non credo che Picasso dipingesse per compiacere il pubblico. Lo si fa per vocazione interiore».
"Hand. Cannot. Erase." affronta il tema della solitudine. La musica può aiutare?
«Noi cantautori facciamo arte in una maniera egoista in un certo senso, perché analizziamo le nostre esperienze e quello che vediamo nel mondo ma il bello è che poi chi ascolta la musica si rende conto di non essere davvero solo, perché c'è qualcun altro che prova le stesse cose: rabbia, paura, tristezza, nostalgia, depressione, perdita, rimpianto… Qualsiasi sentimento sia, la musica ti fa capire che è universalmente condiviso. Il potere della musica è far capire alle persone che non sono sole, che quello che provano fa parte della razza umana».
Ha detto che Spotify è un modo orrendo di fruire della musica.
«Con lo streaming e il download manca completamente l'aspetto fisico, è tutto astratto. Quindi penso che un artista debba lavorare duro per presentare il vinile o il cd in modo davvero speciale. Non basta realizzare un cd con il suo libretto, devi fare di meglio. E penso che anche i più giovani possano cogliere la differenza che passa tra un quadro esposto in una galleria d'arte e un jpeg nel proprio telefono».
Il prossimo album?
«Continuerò il tour, a settembre anche in Australia e Nuova Zelanda, India… Ma sto anche cominciando a scrivere un nuovo album, che uscirà - credo - l'anno prossimo».
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