Star Wars, ora il lato oscuro è più “politically correct”

Più spazio alle donne (la protagonista è Rey) e ai neri, ma il conflitto tra bene e male in questo settimo capitolo diventa scontro tra padri e figli, muscolare e non filosofico
Di Beatrice Fiorentino
14 Dec 2015, Los Angeles, California, USA --- LOS ANGELES - DEC 14: Storm Troopers at the Star Wars: The Force Awakens World Premiere at the Hollywood & Highland on December 14, 2015 in Los Angeles, CA --- Image by © Jenna Blake/Corbis
14 Dec 2015, Los Angeles, California, USA --- LOS ANGELES - DEC 14: Storm Troopers at the Star Wars: The Force Awakens World Premiere at the Hollywood & Highland on December 14, 2015 in Los Angeles, CA --- Image by © Jenna Blake/Corbis

VENEZIA. L'attesa è finita. Da ieri, hype altissimo, il primo capitolo della terza saga di Star Wars non è più un mistero. La forza si è finalmente risvegliata tra vecchie e nuove conoscenze, tradizione e mito, nostalgia e contemporaneità. Sono passati gli anni e in quella galassia lontana lontana al posto dell'Impero si è imposto il Primo Ordine che obbedisce all'oscuro Snoke (più un Gollum gigante che l'inquietante figura dell'Imperatore) sotto la guida di Kylo Ren (Adam Driver), adepto del lato oscuro della forza auto-investitosi erede di Darth Vader. Luke si è allontanato, Leia (versione “sciura”) e Han (sempre guascone), bè, lo vedrete…

Rispetto al passato, ammesso che fosse richiesto, si guadagna qualcosa in termini di "politically correct": ora c'è più spazio per le donne (la protagonista è Rey, interpretata da Daisy Ridley, e anche tra i villain, per la prima volta, trova posto una figura femminile) e per i neri (con lei c'è Finn, un soldato di colore disertore del Primo Ordine), ma si perde terreno sul piano della tensione, del tormento, dell'eterna lotta tra bene male ridotta più che altro a contrapposizione di fazioni.

Poco buddismo e cristianesimo, più nulla di Kurosawa, "Il risveglio della forza", firmato da J.J. Abrams con il benestare di "patron Lucas", che stavolta si limita a vestire i panni del produttore passando il testimone al regista erede della New Hollywood, è soprattutto un film di genitori e figli. Un film in cui il conflitto, più che risolversi nella tensione tra il bene e il male, si concentra sull'antitesi tra generazioni, sui figli che uccidono (non solo metaforicamente) i padri per liberarsi del passato. Giovani insicuri che guardano ai vecchi con ammirazione e perfino devozione, ma che non sempre si dimostrano all'altezza dei loro compiti. In quest'ottica "Il risveglio della forza" si presta a essere letto come un reboot del quarto capitolo ("Una nuova speranza") in chiave contemporanea. Kylo Ren, come Darth Vader prima di lui, incarna il male assoluto ma qualcosa in lui già fa presagire l'esitazione (nella prima trilogia bisognava attendere lo scontro finale). La minaccia che ab origine risiedeva nella tentazione del male, il lato oscuro, stavolta sembra essere incarnata dalla debolezza, dal timore di non rivelarsi adeguati alle aspettative. A conti fatti il male non è abbastanza malvagio, mentre il bene non conosce mai il dubbio.

Il duello diventa molto più fisico e muscolare, meno filosofico (come nella prima trilogia) o acrobatico (nella seconda). Al tempo stesso, purtroppo solo per un attimo, si riflette sull'umanizzazione e il riscatto: nell'istante in cui Finn, nelle fila dei soldati del Primo Ordine, in preda a una crisi di coscienza, abbandona la missione e passa al "lato buono". Il consiglio è quello di regalarsi una visione nelle migliori condizioni tecnologiche possibili, perché il 3D, così come gli effetti speciali dal fascino vintage, offrono uno spettacolo difficilmente eguagliabile, come sempre sostenuto dalle note dell'immortale John Williams. Peccato però che nell'incedere, la storia di cui non sveliamo la trama (in certi casi la sorpresa è d'obbligo) adotti modalità di racconto televisive, procedendo per accumulo e finendo per abbandonare lo space opera in favore di una più banale e prevedibile saga familiare.

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