Spuntano a Budapest testi inediti di Biagio Marin, ricordi dell’isola Montaròn
Da Grado all’Ungheria riemerge la vicenda della lunga amicizia del poeta con il professionista Giordano Callegari, proprietario di un’isola nella laguna
TRIESTE Si è fatto tardi alla festa, al cancello del parco della villa sulla collina che domina Budapest si stanno affollando i taxi per riportare a casa gli ospiti, nel salone i camerieri stanno già risistemando, sono rimasti i due amici più cari e una coppia.
Maurizio Sauli, il padrone di casa indugia, versa l’ennesimo “ultimo” sorso di bollicine ai superstiti e, seduto sul divano davanti alla biblioteca, ripercorre con i “vecchi compagni” i ricordi della giovinezza. Si affollano i flash di quei momenti irripetibili, le “goliardate” nel periodo degli studi a Trieste. Le parole scavano nel tempo, indietro fino alla scuola, l’infanzia, le estati passate tutte d’un fiato, da giugno a settembre, con il prozio, Giordano Callegari, padre adottivo dopo la morte del suo vero padre, e la zia Mima sull’isola di Montaròn, piccolo Eden nella laguna di Grado. Lo sguardo di Maurizio si illumina, si alza dal divano, lascia gli ospiti e si dirige verso un angolo raccolto della biblioteca, prende alcuni volumi e un plico di carte conservate con cura. Con le carte riaffiorano altri ricordi, riemerge un tesoro. Nascoste nella biblioteca lettere, manoscritti e corrispondenza, negli anni dal ’61 al ’71, tra il prozio Giordano e il poeta Biagio Marin.
«Ho provato più volte a contattare la Fondazione Marin, volevo far sapere che c’è questo materiale lasciato da mio zio, manoscritti, narrazioni battute a macchina con le correzioni fatte a mano dallo stesso poeta. Ci sono pure le due poesie scritte per mio zio Giordano, dedicate a lui e all’isola di Montaròn, con la sua firma. Pure il racconto San Giuliano che parla del suo primo sbarco a Montaròn», racconta Maurizio con un pizzico di amarezza.
La serata non è finita, è come se fosse ricominciata. Maurizio, che ha appena festeggiato 70 anni, è da una vita (erano gli anni ’80) in Ungheria prima come rappresentante della Finsider, di Finmeccanica e dell’Iri per l’Est Europa e poi come Ansaldo anche per l’area della Russia, e sembra che voglia dilatare il tempo e i ricordi. Nel salone pieno anch’esso di ricordi, libri, mobili antichi, quadri e pezzi pregiati legati alle origini siciliane della moglie Patrizia, che lo guarda con un sorriso dolcissimo, cerca di aggiungere altre ore alla giornata sfogliando quei manoscritti che gli ricordano lo zio Giordano, il Montaròn, Marin e le atmosfere della laguna che hanno scolpito la sua infanzia.
Il racconto di San Giuliano battuto a macchina con l’aggiunta “e il Montaròn” scritto di pugno dallo stesso Marin, che ha anche fatto alcune correzioni a mano, è un pezzo unico. Sette le lettere, inedite, scritte fronte e retro: sono pagine fittissime, la corrispondenza tra lo zio e Marin, alcune datate Trieste, altre Roma. Poi i cartoncini degli auguri. E i pezzi più preziosi. La poesia “Nostalgia”, battuta a macchina, datata Roma (5 marzo 1962) che parla del Montaròn, l’isola di zio Giordano e la poesia “A Giordano Calegari” (datata Trieste 16 marzo ’62) in cui il poeta sbaglia anche il cognome lasciandolo monco di una “elle”. Entrambe firmate di pugno dal poeta.
Me te penso poeta per l’amor passionao per quell’isola queta, persa in palù de Grao.... Queste non sono inedite, Maurizio rigira tra le mani un libro, “El Picolo Nio”, consumato dalla lettura, dove ci sono le due poesie di Marin. E il pensiero torna alla sua infanzia e all’isola di Montaròn, acquistata dallo zio Giordano nel ’47 e trasformata nel paradiso con la villa padronale, i campi coltivati, quel vino, bianco e rosso (ben 40 ettolitri l’anno) prodotti da un vitigno antico che la leggenda vuole risalga ai Romani e “tira fuori il vino dalla sabbia”. La fattoria, le mucche, le oche, le galline e i maiali fatti crescere mangiando solo la frutta prodotta sull’isola per rendere migliori le carni e ricavare quei prosciutti che finivano stivati nella “biblioteca dei prosciutti”, come l’ha descritta Marin in San Giuliano.
Uno zio, Giordano, dalle origini umili, con tanto di certificato di povertà, poi stimato commercialista, proprietario di un’isola e mecenate capace di fondare un cenacolo di poeti, intellettuali, politici ospiti per una giornata, un weekend o una settimana a Montaròn. Un periodo che va dalla metà degli anni ’50 sino a fine ’80. Dal sindaco di Trieste Gianni Bartoli, amico fraterno di Callegari, all’arcivescovo di Gorizia Pietro Cocolin, poi Vittorio Fanfani, fratello di Amintore, ad Italcantieri e presidente del Lloyd Triestino, il regista Manuel Lualdi poi scomparso in un incidente aereo, i costruttori triestini Antonini e Fragiacomo, l’economiosta Fossati, Modiano. Dai potenti alla “banda” del ricreatorio Brunner, ai capitani del Nautico e fino al cancelliere austriaco.
Un signore, prima che di denari d’anima scriveva Marin di Callegari. Era l’estate del 61, il professor Francesco Scuz, Checco, che insegnava latino ad Aquileia, aveva preso la sua lancia a motore (il leggendario Gale) e con Marin aveva lasciato Aquileia dove Callegari aveva una flottiglia di barche pronte a portare gli ospiti a Montaròn, e assieme al poeta che voleva visitare San Giuliano, aveva navigato lungo il Natissa per sboccare in laguna. Dopo un lungo giro lo aveva portato sull’isola accolto da Giordano e Mima. Era la prima volta che Marin andava su quel piccolo Eden che lo ha lasciato incantato, il primo incontro con Giordano Callegari. Dopo ci sono state altre due o tre visite, un’amicizia durata fino alla fine tra il poeta e Callegari, ribattezzato da Marin “poeta” di Montaròn. —
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