Solenghi & Co. ricordano Gianni Fenzi

Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Gianni Fenzi, ma nessuno tra gli amici lo considera uscito di scena. E gli vogliono regalare una festosa serata, un ricordo a più voci «suggerito, dedicato, ironizzato, sublimato da Rita», la moglie, per lui. “Cari amici vi ho scritto: ditela, ditela forte, ditela tutta (e nun ve intruppa nei mobili)” si svolgerà domani al Teatro Miela, alle 21, a ingresso libero, richiamando una folta schiera di suoi amici, a cominciare da Tullio Solenghi, che farà anche da anfitrione. Assieme a lui arriveranno Gianrico Tedeschi, Omero Antonutti, Stefano Bembi, Alida Capellini, Paolo Diaz de Santillana, Adriano Giraldi, Marianella Laszlo, Giovanni Licheri, Sabrina Morena, Ugo Maria Morosi, Luciana Negrini, Daniele Silvestri, Sebastiano Tringali, Giancarlo Zanetti.
La geografia interiore di Gianni Fenzi si estendeva su tre città per lui essenziali: l’infanzia a Rovigo (vi nacque il 5 maggio 1941), la formazione d’artista a Genova, dove si era trasferita la famiglia, e la vita affettiva a Trieste, dove si è spento nel settembre 2006, lasciando la moglie Rita e la figlia Eugenia. Era attore e regista (e aiuto regista di Luigi Squarzina), scrittore e commediografo, e autore di copioni per la radio e per la televisione. Il nome di Fenzi rimase legato per tutti gli anni ’60 e ’70 al Teatro Stabile di Genova, il suo debutto avvenne il 15 ottobre 1963. Fondò poi la cooperativa Teatro Aperto e fu anche attore e codirettore artistico del Teatro di Roma.
«Abbiamo la consuetudine di radunarci come gli amici di Gianni, - dice Tullio Solenghi -. Lo facciamo con molto disincanto, con molta ironia, senza la retorica della persona scomparsa. Per noi è ancora talmente vivo che ci piace sempre immaginarlo così. Gianni è stato importante per me perché ha sdoganato la mia cifra comica. Prima avevo fatto solo ruoli rigorosamente drammatici. Il primo spettacolo nel quale riconobbi di avere delle doti comiche fu “Le farse di Dario Fo”, che ebbe appunto la sua regia, così come “La strana coppia”, che feci con Massimo Lopez».
Alcuni di voi erano allo Stabile di Genova. Una foto di quei tempi?
«La parte più turbolenta della compagnia, formata da quelli che allora erano giovani, come me, era governata da Gianni. Volevamo diventare degli attori ispirati dai grandi di allora, Lina Volonghi, Alberto Lionello, Tino Buazzelli, Giorgio Albertazzi, ma in scena la verifica della nostra carriera era a quei tempi ancora molto misera e confinata a poche battute, lo spazio di un battito d’ali e via. Per cui il dietro le quinte diventava molto più protagonista dell’essere in scena. E nell’ironia con cui si guardava il mondo del teatro Gianni la faceva da padrone».
Perché?
«Perché si facevano a volte delle vere e proprie parodie di quello che poi avveniva in maniera ortodossa ogni sera sul palcoscenico. E si organizzavano scherzi, frutto della complicità che c’era sempre con lui. Ricordo una famosa tavolata, credo fosse in uno dei grandi Goldoni messi in scena da Luigi Squarzina, “Una delle ultime sere di Carnovale”. A un certo punto si portava una zuppiera al centro della tavolata ed Eros Pagni, che faceva uno dei ruoli principali, con un mestolo prendeva questa specie di minestra e ne dava una porzione a ognuno. Una sera Gianni sostituì il tutto con degli spaghetti. Pagni ebbe la prontezza di spirito di abbandonare il mestolo e con una mano mise gli spaghetti a tutti nei piatti, sporcandosi la mano ma risolvendo la scena».
Non potendo intervenire di persona, domani sera, alcuni daranno con un contributo in voce, come Massimo Lopez. Una delle testimonianze più significative sarà quella di Renato Zero, che ha avuto un breve trascorso di attore al Teatro Stabile di Genova. Nel ’72, infatti, a ventidue anni, era Tancredi nella commedia di Ruzante “L’anconitana”, con la regia di Gianfranco De Bosio (nel cast lo stesso Fenzi, Sebastiano Tringali, Giancarlo Zanetti). Essere nel teatro di Squarzina fu per lui un’esperienza esaltante grazie ai compagni di lavoro, primo fra tutti Gianni Fenzi, di cui sottolinea la generosità nell’aiutare i giovani. «Da lui ho ricevuto - racconta - questa tolleranza e questo grande abbraccio, questa sicurezza che lui mi volle regalare e che mi porterò dentro per sempre». E conclude: «Vorrei ringraziarlo per essere stato attore ma soprattutto protagonista della sua vita e dell’amicizia, quella vera, quella che difficilmente si ripete».
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