Si aprono i quaderni rossi di Pasolini diario della scoperta dell’omosessualità

Da oggi al 3 ottobre al Centro Studi di Casarsa documenti autografi, alcuni inediti, immagini, manifesti, dipinti 
Roberto Carnero

il percorso



Difficile dire o scoprire qualcosa di nuovo su Pier Paolo Pasolini: dopo tanti libri, film, documentari, rassegne, la sua vita e la sua opera sono state approfondite e scandagliate in ogni loro aspetto. Però la mostra "L’Academiuta e il suo trepido desiderio di poesia. Gli anni friulani di Pasolini" - che sarà aperta oggi al Centro Sudi Pasolini di Casarsa della Delizia dalla presidente Flavia Leonarduzzi - presenta diversi motivi di interesse per gli appassionati ma anche per gli studiosi.

In esposizione, infatti, troviamo documenti originali, alcuni dei quali mostrati al pubblico per la prima volta, materiale che in parte costituisce il cuore profondo e segreto del Centro Studi e che in parte è stato ricevuto in prestito da prestigiose istituzioni o da privati: prime edizioni ed edizioni rare, riviste, stesure autografe di testi che si stratificano nel tempo, manifesti, fotografie, curiosità, disegni e dipinti degli amici pittori friulani di Pasolini, lettere che compongo un toccante ritratto familiare.

Si vedranno finalmente nella loro forma originale anche i cinque "Quaderni rossi", il tormentato diario intimo e sentimentale del giovane Pasolini. Ormai di un colore rosa sbiadito, un paio senza copertina, ma ora tutti insieme, i Quaderni rossi sono la testimonianza della tormentata scoperta dell'omosessualità da parte dello scrittore.

Nella primavera del 1946 Pasolini iniziò a vergare questi appunti, scritti a penna su cinque quaderni scolastici, un tormentato monologo interiore, un’autoanalisi in cui l'autore affronta senza pudori il suo «destino di non amare secondo la norma».

Pasolini affidò i quaderni al cugino Nico Naldini al momento della sua precipitosa fuga a Roma con la madre Susanna all'inizio del 1950, dopo lo scandalo di Ramuscello. Naldini li conservò in un cassetto, per poi dimenticarsene: solo dopo la morte di Pasolini, avvenuta nel 1975, loro stralci furono resi noti dallo stesso Naldini, prima nel volumetto "Poesie e pagine ritrovate" (1980) e successivamente nella bella biografia "Pasolini, una vita" (1989).

La mostra, che sarà visitabile fino al 3 ottobre, conclude le celebrazioni, iniziate nel 2020 ma rallentate dalla pandemia, per il settantacinquesimo anniversario dell'“Academiuta di lenga furlana”, che Pasolini fondò il 18 febbraio 1945 in occasione di uno degli incontri con i ragazzi che frequentavano la “scuola” da lui animata nel borgo di Versuta, vicino a Casarsa.

In tal modo, la rassegna casarsese racconta in modo completo, come mai era stato fatto fino a oggi, gli anni friulani di Pasolini. L'itinerario mette in evidenza come la formidabile esperienza pedagogica dell'Academiuta abbia prodotto testi molto important, dagli "Stroligut" a "Quaderno romanzo", che qui si possono vedere nella loro interezza.

Fra gli altri inediti, vanno citati il testo teatrale “La Morteana”, di cui è esposta la parte sopravvissuta e ritrovata, ma anche il manoscritto de “Il fanciullo e gli elfi”, il primo spettacolo dell’Academiuta rappresentato il 15 luglio 1945, e di un altro testo teatrale iniziato nel 1946 con il titolo “Il Cappellano”, andato poi in scena nel 1965 con un titolo diverso, “Nel '46!”. De “I Turcs tal Friul”, il celebre testo di straordinaria forza drammatica, sarà invece possibile ammirare le diverse stesure autografe in friulano.

In una sezione dedicata all’impegno politico, si trova il manifesto che annuncia la nascita, il 12 gennaio 1947, del Movimento popolare friulano per l’autonomia regionale, al quale Pasolini aderì, lasciandolo l'anno successivo per iscriversi al Pci.

Il percorso espositivo e il catalogo sono stati curati da Rienzo Pellegrini, già docente di Lingua e letteratura friulana all’Università di Trieste, Piero Colussi, operatore culturale che si è a lungo occupato di Pasolini, e Patrizio De Mattio, che ha disegnato l’allestimento. —

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