Sergio Cavandoli: «Mio padre disegnò la Linea per le nuove pubblicità ma nessuno la voleva»

il personaggio
In Svezia è Linus, in Ungheria Meno Mano, in Germania Lui, per canadesi e sudafricani è Mister Linea; per noi, che lo conosciamo dal 1969, quando fece la sua prima apparizione al Carosello, è semplicemente la Linea. L’omino acido, un po’villano che sbraita e ride a crepapelle e che nei disegni animati della pubblicità dialoga in uno strano grammelot con il suo autore, di cui vediamo la mano e la matita con la quale gli dà forma, ha un nome semplice com’era il suo papà, Osvaldo Cavandoli. Il’Cava’, scomparso nel 2007, era un milanese che, ricorda al telefono il figlio Sergio, non amava i fronzoli ma andare dritto al nocciolo.
Di Cavandoli quest’anno ricorre il centenario della nascita e tra i tanti omaggi che gli vengono tributati per quella sua creatura ancora così riuscita, c’è anche quello del Piccolo Festival dell’Animazione, in programma on line dal 27 al 30 dicembre 2020. Su Vimeo (https: //vimeo. com/pfa13) si potranno vedere nove episodi della Linea che saranno messi online durante tutto il festival, mentre il 27 dicembre, dalle 18, ci saranno gli eventi speciali dedicati: l’intervento del critico cinematografico Carlo Montanaro, “100 Cavandoli” , e la messa online dell’intervista fatta a Sergio Cavandoli realizzata da Andrijana Ružić, critica e studiosa del cinema di animazione, nello storico studio a Milano, in via Prina, dove l’artista creava i suoi personaggi.
La Linea era uno dei personaggi più attesi di Carosello. Sergio Cavandoli racconta come al padre venne l’idea del personaggio: «Era un po’ che cercava nuovi personaggi per i Caroselli disegnati per conto della sua agenzia pubblicitaria, la Frame, e ricordo bene quel giorno che, arrivato a casa mi dice: sai che ho pensato a un omino che esce da una linea e a una mano che interagisce con lui? Una cosa molto semplice, togliamo tutto quello che non serve, lasciamo il tratto e il movimento». Cavandoli era un mago dell’animazione, ce l’aveva nel sangue. «I suoi disegni animati possedevano una luccicanza, come si dice in gergo, che non aveva rivali», riconosce ammirato Sergio. Però era una bella sfida far ridere con un personaggio che mancava di espressività, non aveva gli occhi e, quando stava zitto, neanche la bocca. Cavandoli lo propone in giro, ma nessuno vuole mettere il suo prodotto nelle mani di un testimonial che, semplice com’è, temono sminuisca anche l’oggetto della réclame. Siamo nel 1968, al Carosello spopolano Carmencita e l’omino coi baffi, pupazzi tradizionali. Per capire la genialità dell’idea ci vuole qualcuno che oltre ai dané del cumenda abbia anche una certa cultura. Come il cavalier Lagostina, quello delle pentole. È uno che va alle mostre d’arte, gli piace quella contemporanea e capisce subito la modernità della Linea. Gli affida così le sue pentole a pressione e Cava si mette al lavoro. Più che un lavoro, una faticaccia. «A quei tempi senza computer grafica per fare uno spot di due minuti ci si metteva un mese», racconta Sergio, che aiutava il padre nella realizzazione degli spot: «Ci volevano 24 disegni per ogni secondo, circa 1500 disegni per un Carosello. Prima si faceva il disegno su un foglio A4 e poi veniva ripreso con una macchina da 35 mm messa in verticale su una pellicola ad alto contrasto, che veniva sviluppata sul negativo, messa in moviola e montata. Poi si tutti i disegni erano trasferiti su rodovetro, un foglio di acetato trasparente, quindi si mettevano gli acetati sotto la macchina verticale e un fotogramma alla volta si scattava una foto; infine c’era lo sviluppo e la stampa e il missaggio col sonoro». E qui entra in scena una componente fondamentale del successo della Linea, la voce. All’inizio Cavandoli pensava di lasciare solo un commento musicale. Poi visto che era troppo difficile da realizzare pensa a un doppiatore. «Venne fatto un vero e proprio casting - ricorda Cavandoli junior - cui si presentò Carlo Bonomi, attore di teatro che parlava con grammelot mezzo milanese e mezzo francese adoperato fin da piccolo per far ridere gli amici». L’accoppiata vincente disegno-voce decreta il successo della Linea. «A questo punto papà riprese i primi Caroselli, li colorò e ne fece tre cortometraggi che mandò ai festival dei film di animazione di Zagabria e di Annecy e in entrambi vinse il primo premio». La Linea viene così nobilitata a disegno artistico. Intanto la produzione di Caroselli continua fino alla chiusura del programma, nel 1977. Anche negli anni successivi e fino alla morte di Cavandoli Lagostina mantiene l’omino come testimonial, lo usa per fare pubblicità in altri paesi europei. «Oltre alle pentole la Linea ha fatto pubblicità anche per altri prodotti o committenti, come il Touring club svizzero- dice Sergio - e qualche volta la mano che tiene la matita che si vede nel film è la mia. Succedeva quando papà stava via per delle ore e dovevo portare avanti il lavoro». A piacere della Linea era anche quel suo essere uno scalognato che strepita contro le avversità. Cavandoli voleva rimanesse sempre così, ma dopo la sua morte l’agenzia l’ha modificato secondo il volere dei committenti. Nemmeno la Linea è rimasta più fedele…alla linea. —
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