Se naviga nella rete l’Italia degli insulti perde ogni ritegno

di BENEDETTA MORO
È ora di smetterla di trincerarsi dietro il luogo comune del web come mondo parallelo, che non ha nulla a che fare con la nostra realtà. Chi usa la rete per sfogarsi con insulti di ogni tipo, probabilmente è così anche nella vita. Il web solo amplifica e avvicina con gli algoritmi i più sfacciati. È questa l'analisi di @insopportabile, uno dei più noti influencer italiani su Twitter, che si porta dietro 113mila follower. Ed è lui uno dei tanti protagonisti che parteciperà a Trieste a "Parole O_Stili", il primo evento contro violenza 2.0.
Astiosi, volgari, maleducati, intolleranti, provocatori, istigatori avete le ore contate. Mancano pochi giorni alla presentazione del Manifesto della comunicazione non ostile. Alla Stazione Marittima fervono i preparativi per l'evento che il 17 e il 18 febbraio - a cui si sono già iscritti più di mille persone - raccoglierà la community di "Parole O_Stili", formata da più di 300 influencer, personaggi politici, giornalisti, manager, politici, docenti e comunicatori per contrastare l'ostilità verbale, e a cui parteciperanno anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, e il direttore di Tg La7, Enrico Mentana. Domenica 18 in particolare in nove differenti sezioni si discuterà dal giornalismo alle bufale e gli algoritmi ai comunicatori del domani, argomenti legati da un fattore comune: dove sta sul web la linea di confine che separa cosa si può dire e cosa non si può dire?
E mentre continua la votazione del Manifesto, redatto inizialmente da 100 persone della community, a cui tutta la rete poi ha dato un contributo e ora al vaglio di quest'ultima (oltre 2500 voti finora) per scegliere i concetti finali (è possibile votarli al sito www.paroleostili.com, dove ci si può anche iscrivere per partecipare alla due giorni), emergono alcuni dati inquietanti che trasudano esattamente da 76 orribili parole. Un numero rappresentativo di termini, tra i più utilizzati sul web, per insultare. "Vacca", "rabbino", "frocio", "negro", "ritardato" sono solo alcuni "docili" esempi di cosa sono capaci di dire gli italiani su Twitter. Una lista inequivocabile di volgarità selezionata per "Vox Osservatorio italiano sui diritti", organizzazione no profit che si occupa di cultura del diritto, dai ricercatori del dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica della Facoltà di Medicina e Psicologia dell'Università Sapienza di Roma, coordinati dal professor Vittorio Lingiardi. Assieme alle Università di Milano e Bari, infatti, sono riusciti a creare da due milioni di tweet estratti e geolocalizzati, contenenti parole d'odio, la Mappa dell'Intolleranza: una vera e propria radiografia dell'Italia che disprezza e un efficace strumento contro il cyber bullismo.
L'odio razziale, contro le donne e i diversamente abili, l'omofobia e l'antisemitismo coinvolgono Nord e Sud, lasciando al Centro del Paese il primo posto per gli insulti verso gli ebrei. «Inclinazioni tutte queste che trovano maggior evidenza sul web - spiega @insopportabile, coordinatore anche del panel "Viaggi, sport e divertimento" -, soprattutto se si è protetti da una sorta di anonimato. Si innesca una sorta di meccanismo per essere ancora più violenti e per voler stupire. Ma in realtà non esiste una separazione tra realtà virtuale e analogica come spesso i media tendono a pensare, la realtà quotidiana non può prescindere più da questi strumenti».
Il problema è culturale, di educazione, antropologico. E i social convogliano chi la pensa in modo uguale attraverso gli algoritmi. «Lo strumento crea le condizioni, l'humus per far crescere rigogliosi questi germi di violenza - aggiunge @insopportabile -, è evidente che la rete mette in comunicazione coloro che hanno queste attitudini». Anche se poi creano dei filtri: Facebook contro le bufale, Twitter contro la campagna di Trump.
Comunque, resta la tendenza per cui «i social - sottolinea - tramite gli algoritmi evidenziano persone che hanno gusti simili. Un aspetto pericoloso che tende, dunque, a far vivere in una bolla, dove la realtà viene filtrata attraverso i concetti espressi dalle persone che la pensano alla stessa maniera, non avendo idea di cosa accada fuori».
Le soluzioni ci sono. Bisogna incentivare un approccio collettivo, denunciando queste attività. «Se un vicino sente che nel palazzo una donna viene malmenata - conclude @insopportabile-, cosa fa? Sta zitto o fa una telefonata ai carabinieri?».
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