Se l’Europa di oggi “nasce” a est DIRETTA IN CORSO
È l’ultima domenica delle “Lezioni di storia”, questa: al Verdi, alle 11, si terrà infatti il nono appuntamento del ciclo “Guerra 1914-1918”, incontri promossi dal Comune di Trieste, ideati dagli Editori Laterza, sponsorizzati da AcegasApsAmga e realizzati con il contributo della Fondazione CrTrieste e il sostegno di Generali, e la collaborazione del Piccolo. Come sempre, l’ingresso è libero (e per chi non potesse raggiungere il teatro, diretta streaming sul sito del Piccolo). Questa volta a parlare sarà Paolo Rumiz che interverrà su “La guerra degli altri”. Introduce Fabio Amodeo.
Il sogno europeo dei padri fondatori dell’Unione era profondamente incardinato nell’incubo di una guerra appena trascorsa e nella determinazione di non ricadervi, e oggi è nostro dovere ricordare alle nuove generazioni che non esiste pericolo maggiore che sentirsi sicuri. Esplorare i fronti della Prima guerra mondiale portando nello zaino le lettere dei ragazzi di allora è un pellegrinaggio necessario a capire l’Europa di oggi. Per comprendere che la guerra “vive sempre”, dobbiamo viaggiare sulle stesse linee ferroviarie delle loro tradotte verso Tannenberg; dormire a cielo aperto sulle colline dei Carpazi dove 125 mila italiani in divisa austriaca hanno combattuto la più disperata delle guerre; vagabondare tra i cimiteri inglesi, francesi e tedeschi delle Fiandre; accendere lumini dei morti negli spazi smisurati del fronte russo, o passare una notte di temporale sul Pasubio e sull’Ortigara.
Ed è proprio quest’ultimo fronte la grande madre di tutte le rimozioni. Schiacciato dalla memoria atroce della Seconda guerra mondiale, ha lasciato poca traccia di sé. Ma proprio per questo è il fronte russo il più affascinante, inesplorato, specie per noi di frontiera. Sul fronte orientale cammini su ferite ancora aperte, dall’Ucraina al Medio Oriente, ferite aperte proprio nel ’18 con lo smembramento degli imperi. È lì che l’Europa mostra senza ipocrisia le tensioni che la corrodono: l’Ucraina spaccata in due, i Paesi dell’ex Jugoslavia ancora divisi sulle stesso fronte del 1914, l’Ungheria invelenita col mondo per essere stata ridotta a uno Stato senza mare, la Turchia che ancora non riconosce la strage degli armeni, la voglia del Cremlino di menare le mani. È andando a est, non certo a ovest, che noi figli dell’Unione possiamo avvertire tutta la gravità della crisi greca o il pericolo dell’islamismo assassino, per non parlare del populismo britannico e francese, del secessionismo catalano, dello strappo scozzese o delle divisioni del Belgio tra francofoni e fiamminghi.
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