Scrittori triestini “dimenticati”, Antonio Bazzocchi: «Un’antologia è fatta anche di esclusioni»
Il critico spiega le ragioni della sua scelta: «Non è un lavoro sulla narrativa legata ai territori, è per studenti della triennale»
TRIESTE Marco Antonio Bazzocchi insegna Letteratura italiana contemporanea e Letteratura dell’Età romantica all’Università di Bologna. Tra i suoi interessi l'ermeneutica letteraria dedicata ad autori dell'800 e del 900, in particolare Leopardi, Pascoli, Pasolini, Campana. Gli ambiti di ricerca riguardano la rappresentazione della corporeità nel testo come veicolo di rappresentazioni simboliche, il rapporto tra letteratura e antropologia e la funzione della visualità nelle opere letterarie. È di quest’anno “Con gli occhi di Artemisia. Roberto Longhi e la cultura italiana” (Il Mulino).
In molti si chiedono i motivi dell’assenza dall’antologia da lei curata degli scrittori giuliani e friulani della seconda metà del Novecento.
«Il problema - risponde Bazzocchi - è che bisognava far stare un secolo di letteratura in cinquecento pagine di un libro che non è una storia della letteratura completa, ma un manuale letterario fatto per un pubblico di studenti che si deve creare delle competenze di base. Una antologia è fatta anche di esclusioni, mancano anche alcuni grandi poeti dialettali».
Nella prefazione lei dichiara di voler porre particolare attenzione alla letteratura dagli anni Ottanta in poi, eppure non ci sono né Magris nè Pahor.
«La scelta alla base del libro è stata quella di prendere in considerazione autori che dessero il senso dello sviluppo dell’ultima stagione della letteratura, e dedicare attenzione anche ad autori meno conosciuti; così non sono potuto entrare troppo dentro certe situazioni, come quella di Pahor, che è un grandissimo scrittore, perché avevo già esaurito lo spazio che l’editore mi aveva messo a disposizione. Quanto a Magris, lo considero un grande saggista, ma come narratore non è che lasci un segno così forte come Pahor e Tomizza, sui quali però abbiamo dovuto purtroppo soprassedere; e d’altra parte dedicare loro solo poche righe sarebbe stato fargli un torto».
Se come ha detto lei l’antologia è fatta di scelte, presenze ed esclusioni fanno capire come chi la redige vede la letteratura: quella triestina sembra non esistere dopo il suo periodo d’oro, ma non compaiono neanche friulani come Sgorlon.
«Se facciamo un discorso di letterature italiane legate ai territori allora non possiamo fare una operazione come quella che abbiamo fatto, perché i territori diventano tutti degni. Voi avete una grande tradizione, ma ci sono altre tradizioni, per esempio non ci sono alcuni scrittori siciliani come Consolo, che è appena riportato. Però dovendo fare una scelta, a uno studente devo insegnare chi è Saba e chi è Sciascia, non posso entrare nei particolari; non è una critica per esempio a Sgorlon, del quale ero amicissimo e ho scritto la prefazione a tanti suoi libri, ma in questa situazione ma non potevo entrare dentro letterature così specifiche, che meriterebbero un libro solo. Io volevo fare una storia della letteratura che desse un fondamento a uno studente che deve fare un triennio, non volevo portarlo troppo nello specifico. Mi sembra di aver comunque dato all’area triestina un riconoscimento, per esempio fermandomi a lungo sullo ‘Stadio di Wimbledon’ di Del Giudice e sulla figura di Bazlen».p.m.
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