Scomode verità fra Petrolio, eros e politica, ecco perché fu ucciso Pasolini
TRIESTE. Non c’è forse altro scrittore italiano del Novecento sul quale la produzione critica sia così fitta come su Pier Paolo Pasolini. Sono infatti continue le uscite di libri, saggi, raccolte sull’autore friulano. E mentre si avvicina il centesimo anniversario della nascita, che cadrà il prossimo anno, non mancano alcuni volumi che possiamo segnalare già adesso.
Come l’ultimo libro di Roberto Saviano, “Gridalo” (Bompiani, pp. 540, euro 22, 00), nel quale lo scrittore napoletano inserisce tra i suoi “maestri” proprio il poeta di Casarsa. «La verità», scrive Saviano, «è che esistono solo due tipi di intellettuali: quelli che raccontano la vita osservandola da dietro a un paravento, e quelli che ci si devono schiantare addosso, perché solo quando sono al tappeto, agonizzanti, allora riescono a descriverla. Pasolini era del secondo tipo: dentro alla vita».
Continua a tenere banco nelle più recenti pubblicazioni soprattutto la questione dell’omicidio del poeta, perpetrato – come è noto – all’Idroscalo di Ostia nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975. Una vicenda ancora avvolta dal mistero, sulla quale torna ora la giornalista investigativa Simona Zecchi con il volume “L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini. Stragi, Vaticano, DC: quel che il poeta sapeva e perché fu ucciso” (Ponte alle Grazie, pp. 444, euro 18).
L’autrice si era già occupata della questione in un precedente saggio del 2015, “Pasolini, massacro di un poeta” , e qui la approfondisce portando nuovi elementi. In particolare, legge la barbara esecuzione di Pasolini, «un assassinio condotto con una crudeltà quasi tribale», sullo sfondo della strategia della tensione. Simona Zecchi ricostruisce in particolare un episodio finora rimasto in ombra: due settimane prima di trovare la morte, Pasolini aveva ricevuto un dossier sulla Dc (un documento finora sconosciuto) la cui eventuale pubblicazione avrebbe messo in crisi il partito cattolico di governo.
Del resto, in un celebre articolo uscito sul “Corriere della Sera” circa un anno prima (precisamente il 14 novembre 1974) con il titolo “Il romanzo delle stragi” Pasolini aveva affermato di conoscere i nomi dei mandanti dei vari tentati golpe e delle bombe fatte esplodere in Italia dal 1969 (la strage di piazza Fontana a Milano) in poi (nel 1974 la strage di piazza della Loggia a Brescia e quella del treno Italicus).
Si tratterebbe, per lo scrittore, di una prima fase organizzata per contrastare l’avanzata del Partito comunista (la strage di Milano del 1969) e di una seconda messa in atto per arrestare la crescita di consensi popolari verso la destra missina (le due stragi del 1974). Lo scrittore sa, ma non ha né prove né indizi. Tuttavia c’è qualcun altro che sa quei nomi, oltre a Pasolini, e che, a differenza di lui, possiede anche prove o quanto meno indizi. Lo scrittore si riferisce ai giornalisti e soprattutto ai politici. Simona Zecchi spiega (e documenta) come alcuni di quei nomi Pasolini li stesse cercando (e forse li aveva addirittura trovati) proprio nelle settimane precedenti la sua morte.
Ricerche su tali argomenti venivano condotte da Pasolini anche per l’opera a cui stava lavorando quando fu assassinato, il romanzo incompiuto “Petrolio” , pubblicato postumo soltanto nel 1992. Su questo testo Carla Benedetti, Manuele Gragnolati e Davide Luglio hanno curato per la casa editrice Quodlibet il volume “Petrolio 25 anni dopo. (Bio)politica, eros e verità nell’ultimo romanzo di Pier Paolo Pasolini” (pp. 320, euro 22).
”Petrolio” ha infatti sullo sfondo complotti politici e affaristici, il mondo del petrolio (con le crisi dei mercati come quella dell’inverno del’74-75), i servizi segreti statunitensi e il potere mafioso, gli intrallazzi politici italiani e la situazione mediorientale, la stessa strategia stragista della tensione.
Da più parti è stata perciò avanzata l’ipotesi che alcuni contenuti del testo, compromettenti per certe persone, sarebbero stati all’origine della decisione di ambienti della politica, della finanzia o della grande industria di assassinare Pasolini, eliminando così un testimone scomodo e pericoloso. Il volume ora uscito da Quodlibet si sofferma sugli aspetti letterari dell’opera ma anche su quelli del contesto in cui essa è maturata, forse contribuendo a costare la vita al suo autore. —
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