Science+Fiction al via, ricordando Fant’Italia

Il festival triestino parte quarant’anni dopo la prima storica restrospettiva sulla nostra miglior fantascienza
Giuseppe Lippi e Lorenzo Codelli
Giuseppe Lippi e Lorenzo Codelli

TRIESTE. Cultissima. Ben più di stracult. Solo così può essere definita oggi “Fant’Italia”, la prima vera retrospettiva al mondo sul cinema fantastico italiano, curata 40 anni fa a Trieste da Lorenzo Codelli e Giuseppe Lippi per il Festival della Fantascienza e la Cappella Underground. Presentava 30 film del periodo d’oro (1957-1966) prima che il fantastico si imponesse ovunque con Lucas e Spielberg, e ben prima che il gotico italiano diventasse quel supergenere d’autore oggi venerato dai “cinéphiles” di tutto il mondo. Se Bava & Co. sono stati omaggiati da Tim Burton e Joe Dante, Scorsese e Tarantino, è anche perché 40 anni fa una setta di adepti, tra Francia (“Cahiers”, “Positif”, varie fanzine) e Italia (Codelli e Lippi in primis), ha recuperato materiali, realizzato rassegne, stampato ciclostili, generato passioni.

 

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Science+Fiction 2016 (che inizia stasera alle 21, nella notte di Halloween, con il concerto dei pordenonesi Tre Allegri Ragazzi Morti al Teatro Miela) celebrerà Fant’Italia con alcuni film e le presenze di maestri successivi come Dario Argento, Luigi Cozzi, Ruggero Deodato e Lamberto Bava. Quest’ultimo domenica 6 novembre presenterà “Terrore nello spazio” (1965, restaurato) del padre Mario, seguito da una conversazione con Codelli e Lippi.

Qual è stata la scintilla da cui è nata Fant’Italia?

«Avevamo visto i film fantitaliani - dicono Codelli e Lippi -, soprattutto nei cinemini di terza visione, ci piacevano molto e volevamo rivalutare globalmente quel fenomeno. A Trieste, sale come il Radio e il Filodrammatico ne sfornavano pacchetti interi. Per Fant’Italia, l’occasione immediata fu la collaborazione con il Festival del Film di Fantascienza che ci permise di realizzare la retrospettiva».

Quanto l'uscita de “L'esorcista” o “Profondo rosso” vi favorì?

«Negli anni ’70 l’interesse francese e di altri Paesi era stato ravvivato dai ‘gialli’ fantastici di Dario Argento, sicché un vero e proprio inaridimento del filone critico attento al fantastico italiano non si è mai avuto. Nel nostro catalogo citiamo abbondantemente fonti straniere e riproduciamo interviste uscite all’estero. Introvabile da decenni, in quanto stampato in poche centinaia di copie, quel volume sarà disponibile gratis e online sul sito di Science+Fiction. ‘L'esorcista’ ebbe il duplice merito di generare da noi sia ‘La casa dell'esorcismo’ di Bava che ‘L'esorciccio’ di e con Ingrassia (1975)».

 

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Conoscevate la triestina Ornella Volta, che aveva intervistato Bava su “Positif” nel ’72?

«Lorenzo conosceva di persona Ornella Volta, grande fellinologa e vampirologa triestina in ‘esilio’ volontario a Parigi, Giuseppe ne era diventato corrispondente a distanza. Dal ’70 la Cappella allestì annualmente una rassegna del cinema fantastico denominata ‘I mondi del possibile’, in cui coinvolgemmo l'espertissimo Fabio Pagan. E dopo l'autodafé del Festival della Fantascienza cercammo di colmare il vuoto con i cicli di ‘Fantastica’. In via Franca sono stati proiettati fantaclassici come ‘King Kong’ e gli horror gotici Hammer di Terence Fisher e Jimmy Sangster, messi all'indice nei pur numerosi cineclub paludati dei vari rioni».

Com’erano le precedenti retrospettive del Festival?

«A San Giusto avevamo seguito in passato retrospettive favolose, in copie rarissime, dal surrealismo francese ai B movies hollywoodiani. Erano cicli un po' alla rinfusa, stile Henri Langlois e Lotte Eisner della Cinémathèque Française, principali alleati della direttrice di allora Flavia Paulon».

Fu difficile trovare le pellicole?

«Difficilissimo. Per venirne a capo, oltre che alla Cineteca Nazionale dovemmo rivolgerci ai distributori regionali e ai collezionisti. Nel volume ‘Fant’Italia’, cioè il catalogo, indicavamo la provenienza di ogni singola copia perché si trattava di materiale raro. A quell’epoca le pellicole andavano tutte al macero. In Francia c'erano stati omaggi a Freda e Bava, ma non una rassegna così ampia, né con il coinvolgimento diretto dei cineasti: Freda fu nostro ospite e Bava si fece intervistare in Piazza del Popolo».

 

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Avevate coscienza di anticipare un culto cinefilo?

«No, semmai speravamo di contribuire al rilancio d'una tradizione purtroppo in crisi. In Italia, tranne il filone comico satirico, stava scomparendo l'intero cinema di genere».

Esistono ancora "buchi" storici?

«Un'infinità. Ogni anno a Bologna, Lione, Pordenone, Venezia, Cannes, San Sebastián e altrove si riscoprono film italiani d'ogni genere, perduti o invisibili. Nessuno ormai rifiuta di definire ‘autori’ Bava, Cottafavi o Leone. Quarant’anni fa era esattamente il contrario».

E il prossimo remake di “Suspiria” di Guadagnino?

«Non ci fa dormire!».

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