Santacroce, così si spegne una Supernova

Storie di prostituzione minorile nel nuovo romanzo della scrittrice di Riccione

Non c’è posto per le favole nel mondo letterario di Isabella Santacroce. Perché la scrittrice sa bene che, tutto attorno, pullulano i lupi mannari, gli orchi. I troppi uomini neri che sanno trasformare i sogni più belli in degradazione, in depravazione.

E allora, fin dal suo esordio di “Luminal”, la scrittrice di Riccione ha provato a raccontare questa terribile contraddizione. Di una giovinezza romantica e immorale che deve fare i conti con adulti spietati e totalmente votati al male. Arrivando, di romanzo in romanzo, fino all’undicesima opera letteraria: “Supernova”, pubblicata da Mondadori (pagg. 161, euro 18).

Partita da una scrittura frammentata, piena di visioni e di richiami alle mode transitorie, Isabella Santacroce ha reso la sua prosa, libro dopo libro, sempre più robusta e personale. E in questo “Supernova” racconta la storia di tre adolescenti, Dorothy, Divina e Thomas, alternando alle tappe della loro discesa nella vertigine i momenti intensi, a tratti lirici, scandalosamente romantici nei quali si illudono di poter sfuggire alle regole che governano il mondo.

Chi legge una storia di Isabella Santacroce si trova subito costretto a scegliere da che parte stare. La luce arriva dai tre adolescenti che, pur senza accettare le regole imposte dalla società, provano a scacciare le tenebre attorno a loro. Come supernove che rischiarano l’orizzonte, non possono non attirare l’attenzione dei “grandi”. Di chi, ormai, ha rinunciato a sperare, ha smesso di sognare e di amare. E solo sfruttando quel bagliore vivissimo che promana dalle vite di Dorothy, Divina e Thomas può provare a inventarsi un domani.

Ma non c’è redenzione nei libri di Isabella Santacroce. Non c’è speranza. E allora la luce dei tre ragazzi finirà per affogare dentro la palude della prostituzione minorile. In un romanzo gotico, sfacciato e inquietante, esagerato e, perché no, irritante come un sogno acido.

alemezlo

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