Salvagente per il palato lanciato in via dei Burlo
Il rischio era grosso. Come sempre quando passa la mano una gestione storica e un locale entra nel frullatore del rinnovamento. Questa Osteria Salvagente, poi, ha un vissuto di quelli su cui si potrebbero scrivere libri. Piccola, quasi nascosta in quella minimale via Burlo da anni nota solo per i suoi parcheggi per scooter, tirava avanti solo grazie all’amore dei suoi appassionati quanto anziani ex gestori, Roberta ed Edoardo. Che a un certo punto hanno deciso di passare la mano. Ma non di chiudere un’epoca.
Si diceva del rischio. Il locale è piccolo e defilato, ma in posizione quasi ottimale rispetto alle nuove tendenze delle Rive. Poteva facilmente, grazie anche al bel marciapiede pedonale che si ritrova davanti, diventare un posto trendy, magari uno di quei disco bar con finti cocktail dove ci si “incocona” (licenza poetica triestina) di fingerfood, chè stuzzichini non suona bene...
Potete tirare il fiato: non è successo niente di tutto questo. E, anzi, gli attempati proprietari hanno voluto fare l’ultimo regalo alla propria clientela, operando una cernita piuttosto decisa tra quanti, non pochi, si erano messi in lista per entrare in questo monumento della cucina. Alla fine la scelta è caduta su una coppia, proprio come loro: Valentina, triestina di rientro dopo una vita passata tra la Sardegna e il mondo, e Marco, vicentino, a sua volta con un ricco background in vari ristoranti. Due che, per solarità, riservatezza e aplomb professionale, potrebbero tranquillamente aspirare a una carriera lunga e proficua come quella dei loro predecessori.
E che infatti si sono guardati bene dal mettere mano, più che al menu, alla stessa filosofia del posto. Dimenticate quei locali dove vi portano da consultare l’Enciclopedia britannica, con 15 primi, altrettanti secondi e un’intera pasticceria, quanto a dolci. Qui i piatti del giorno sono scritti su una lavagnetta minimale e non arrivano alla dozzina, a parte un paio di “fuori lista”. Sappiate intanto, e non è considerazione da poco, che i sardoni impanati o panadi che dir si voglia ci sono spesso e volentieri e non vi serve il rotolone per affrancarli dall’olio, visto che sono belli croccanti, che le paste, che variano più o meno ogni giorno, viaggiano tra il classico (vongole, magari lasagne) e il creativo senza essere mai stucchevoli, che i contorni sono rigidamente stagionali, che Marco si fa quasi un punto d’onore di questa cucina del territorio e non tende ad allargarsi.
Una bella e doverosa rinfrescata al posto ha restituito all’area e alla città una vera, piacevole, rassicurante osteria. Buona per i triestini, per i turisti d’estate, visto lo spazio esterno, per quella clientela giovanile che la domenica sera, dedicata alla musica dal vivo, può trovare spazi finora impensabili, in mezzo a tante serrande abbassate. Quasi un... Salvagente per lo spirito.
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