Rousseau, pittore “primitivo” che incantò le avanguardie

VENEZIA. «Mi hanno già detto che non appartengo al mio secolo. Ma dovete pensare che adesso non potrei cambiare la mia maniera, che ho acquisito con ostinato lavoro». Questa frase scritta da Henri...
Di Giovanna Pastega

VENEZIA. «Mi hanno già detto che non appartengo al mio secolo. Ma dovete pensare che adesso non potrei cambiare la mia maniera, che ho acquisito con ostinato lavoro». Questa frase scritta da Henri Rousseau al critico André Dupont nell'aprile 1910, pochi mesi prima di morire, racchiude tutta la determinazione di un uomo che ha costruito il suo essere artista fuori dal tempo e proprio per questo è riuscito a entrare profondamente nel suo tempo e a superarlo, creando un'arte che i più grandi pittori della sua epoca e di quelle successive hanno riconosciuto come una sorgente purissima e primordiale a cui attingere.

Famoso per le atmosfere oniriche, le foreste incantate, la stilizzazione primitiva del suo universo pittorico, Rousseau detto il Doganiere fu amatissimo dagli artisti delle avanguardie a cavallo del '900, ma a lungo deriso dalla critica per il suo percorso anticonvenzionale. Alla sua pittura, espressione di un genio raffinato e viscerale, per troppo tempo impropriamente definito autodidatta, che non ha paragoni nel campo dell'arte tra '800 e '900, il Muve dedica una grande mostra che dal 6 marzo al 5 luglio permetterà di ammirare nelle sale di Palazzo Ducale a Venezia oltre 100 opere provenienti dai più importanti musei del mondo, di cui 40 capolavori dell'artista e 60 opere di confronto. «Questa mostra, frutto di un lungo lavoro di ricerca, - spiega Gabriella Belli direttrice del Muve - vuole ricollocare la figura di Rousseau nel panorama della storia dell'arte europea».

Nel 1893 Rousseau lascia il suo lavoro al dazio di Parigi e inizia la carriera di pittore. Fin dagli esordi viene definito naif nel senso più negativo del termine, sgrammaticato, quasi ridicolo per la mancanza di proporzioni e i colori saturi senza ombre: si diffonde così il falso mito dell’autodidatta e illetterato. In realtà Rousseau è un artista estremamente raffinato, basti pensare che agli esordi i suoi maestri furono due grandi dell'Accademia di Parigi, Jean-Léon Gérôme e Félix-Auguste Clément, che lo accreditarono al Louvre per studiare e copiare i capolavori dell'arte classica, ma che al contempo lo spinsero a perseguire il suo modo di dipingere originale e controcorrente. Così, seppure il suo stile "primitivo" lo distaccasse dai contemporanei, egli non fu mai un isolato o un autodidatta indipendente, anzi, desideroso di riconoscimenti ufficiali, fu sempre al centro della vita culturale parigina frequentando assiduamente gli atelier dei principali pittori dell'epoca e facendo del suo studio un punto di ritrovo per artisti, musicisti e scrittori. Rousseau fu senza dubbio una figura di riferimento per i grandi protagonisti delle avanguardie storiche, per intellettuali come Apollinaire e Jarry, per collezionisti come Wilhelm Uhde e Paul Guillaume, ma anche per tanti pittori che precedettero e superarono le avventure del cubismo e del futurismo, da Cézanne a Gauguin, da Redon a Seurat, da Morandi a Carrà, da Frida Kahlo a Diego Rivera, per non dire di Kandinskij e Picasso (presenti in mostra) che comprarono le sue opere e furono tra suoi più grandi estimatori. In lui videro un'alternativa al realismo storico e anche all'astrattismo, una "terza via", quella dell'immaginifico, del visionario, del realismo spirituale (come lo definirà Kandinskij) che fa della semplicità dell'infanzia, del candore primitivo la propria radice profonda, capace di attraversare il tempo e di diventare un punto di ripartenza dopo l'avventura sconvolgente delle avanguardie.

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