Robin Williams suicida addio al Mio Capitano

di Beatrice Fiorentino
Sgomento non solo a Hollywood, ma in tutto il mondo, per la scomparsa di Robin Williams, trovato morto per asfissia lunedì a mezzogiorno (le dieci di sera in Italia), nella sua villa a Tiburon, in California. L'attore Premio Oscar per "Good Will Hunting - Genio ribelle", nonché indimenticato interprete di "Good Morning Vietnam", "L'attimo fuggente" e della serie "Mork & Mindy", aveva 63 anni e da tempo soffriva di una grave depressione. Robin seguiva un programma di disintossicazione dall'alcol, eppure la notte scorsa il male di vivere deve aver avuto il sopravvento, perché secondo i primi accertamenti della polizia si tratterebbe quasi sicuramente di un suicidio. Bisognerà in ogni caso attendere l'esito dell'autopsia, eseguita nella giornata di ieri, per accertare le cause del decesso.
Quel che è certo è che se n'è andato uno degli attori di Hollywood. più amati, capace come pochi di far ridere e piangere, sapendo esprimere una gamma infinita di sfaccettature dell'animo umano. Colui che indossando il camice e un naso rosso da pagliaccio regalava sorrisi ai bambini malati in "Patch Adams" e indicava la via per cogliere l'essenza profonda della vita ai suoi studenti in "L'attimo Fuggente" o dava il "buon giorno" ai soldati in guerra nel Vietnam attraverso i microfoni radio, infondendo loro inaspettato ottimismo, è scomparso per sempre. Messaggi di cordoglio arrivano da ogni parte del mondo. Dagli amici e colleghi dell'attore, stretti attorno al dolore della famiglia, fino al presidente Obama e a migliaia di fan che si sono riversati a portare fiori sulla stella a lui dedicata sulla Wall of Fame a Los Angeles.
Attore di formazione teatrale, la sua carriera ha avuto inizio da uno spin-off di "Happy Days", con la serie "Mork & Mindy", andata in onda dal 1978 al 1982. Poi Williams è passato al cinema mettendo a segno tra gli anni '80 e '90 i suoi più grandi successi, in una lista di titoli troppo lunga da riportare, che abbraccia quattro nomination all'Oscar, di cui uno conquistato nel 1998. La sua filmografia procede inarrestabile e arriva fino ai giorni nostri, tanto che nei prossimi mesi usciranno in sala tre nuovi film, completati ma non ancora distribuiti. Ma la pressione di uno star-system che costringe ad essere sempre all'altezza dev'essersi fatta sentire. Così, a pochi mesi dalla tragica scomparsa di Philip Seymour Hoffman, ecco un altro grande che se ne va. Lasciando il suo pubblico a combattere da solo contro il disincanto, privato di un paladino dal sorriso malinconico, un po' Peter Pan e un po' condottiero, irriverente e anarchico, beffardo e anche folle, che come nessun altro ha urlato con quanta voce aveva in gola che la vita è unica e va vissuta fino in fondo. Se qualcosa dei suoi personaggi più intensi gli è rimasto, probabilmente non vorrebbe lacrime al suo funerale ma piuttosto la voglia di rendere speciale la nostra esistenza, magari in piedi su una sedia, invitati a vedere le cose da un diverso punto di vista, come insegnava il professor John Keating. Un monito, così generosamente elargito, che all'attore purtroppo non deve essere bastato.
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