Ritorno all’armonia nei paesaggi narrati di Piero Porro
Aperta fino al 25 novembre, nello spazio trart di Viale XX settembre 33, la personale di Pietro Porro dal titolo “Ritualità laica per un Dada Classico”. Una esposizione affascinante di lavori su...

Aperta fino al 25 novembre, nello spazio trart di Viale XX settembre 33, la personale di Pietro Porro dal titolo “Ritualità laica per un Dada Classico”. Una esposizione affascinante di lavori su carta che tracciano la storia raffinatissima di un libraio e dei suoi materiali.
La mostra è la documentazione di un incedere armonioso e costante verso il segno, di un procedere lento di movimenti grafici; l'autore ama profondamente la carta e la sacralità del gesto. Porro va contro corrente in un mondo che diviene sempre più impersonale e digitalizzato; si sofferma, sceglie, seleziona. Non ci può essere fretta nella visita allo spazio trart, Federica Luser e Claudia Cervo, promotrici dell'esposizione, accompagnano il fruitore in un mondo dell'immaginario e dell'ancora possibile. Guanti bianchi, posti affianco alle cartelle dei lavori da ammirare, denotano cura e precisione ma anche preziosità per un materiale facilmente deteriorabile e pregno di estensione interiore.
Un libraio con la passione per la scrittura, la quale non è riconoscibile tramite codici alfabetici ma è interpretazione significante d'una essenzialità. Pietro Porro con ricercatezza e gusto riporta la calligrafia verso una sacralità ormai estinta, Paolo Rumiz nel testo che firma in catalogo scrive “ogni suo movimento esprime una garbata protesta contro l'insana repressione della manualità, e ogni sua lettera tracciata con gesto rotondo senza richiederti l'esercizio temporale della lettura ma una pura, e istantanea, contemplazione estetica, sembra innalzare un argine contro la banalità e il volgare del mondo contemporaneo”. Il pennino intinto nella china delinea iconografie e paesaggi narrati, poi, quando l'inchiostro incontra la carta lavorata con la cera che ricorda la quadratura fotografica, l'immagine diventa fluida ed appaiono ambienti avvolgenti e favolistici. Ci si perde facilmente nelle asimmetriche ripartizioni di neri, gialli, verdi, rossi, blu che danzano allegramente tra caratteri indefiniti ed armoniosi. Quelle di Porro sono pagine non rilegate di cataloghi custoditi in sarcofagi di cartone, non vi sono opere singole ma numeri di serie che fanno cenno a due grandi raccolte non ancora terminate: la “Dichiarazione concordata di pace” e il “Grande Epistolario”. Titoli altisonanti che non fanno riferimento ai destinatari ma che rimandano ad una profonda riflessione sulla gigantesca raccolta che accoglie trattati, codicilli, accordi di un tempo passato o forse futuro. Un narrare profondo, quello dell'artista, che in qualche modo inneggia ad un ritorno all'ordine ed alla bellezza. “Cent'anni fa – scrive Federica Luser - il Dada a Zurigo si divertiva a costruire opere in cui i principi fondanti erano la provocazione, il “nonsense” e la casualità. Un secolo dopo, oggi, la provocazione sembra essere il ritorno alla bellezza, all'armonia e alla grazia.” Il fruitore per potersi connettere alle opere di Porro deve allontanarsi dal proprio recinto di sicurezza e andare oltre, porre lo sguardo verso l'espansione sulla carta di una suggestione mai sopita per il mistero ed il sogno. L'ispirazione dell'autore sembra sia il puro semplice ed antico piacere della creazione atto ad un proprio racconto estetico che da pensato si trasforma in visivo. Il gioco sta proprio nell'altissima valenza concettuale degli scritti senza traduzione, nelle non-parole impresse sulla carta di riso, meravigliosa nelle sue trasparenze, nelle cifre arricchite da sigilli sulle lettere mai inviate.
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