Richard Jewell, il vero eroe per caso stritolato dal sistema di polizia



È un altro eroe per caso il protagonista dell’ultimo ritratto cinematografico di Clint Eastwood che, a quasi novant’anni, ci regala l’ennesimo capolavoro.

Ancora una volta “Il texano dagli occhi di ghiaccio” non ripone fiducia nel sistema americano, bensì nell’individuo che attraverso i propri valori si batte contro questo sistema. Accadeva nei suoi western più riusciti, così nei più recenti “American Sniper” e “Sully”, storie vere di uomini trasformati in vittime da un apparato governativo che tutela unicamente i propri interessi.

Eastwood denuncia le storture della politica e della stampa senza mezzi termini anche in “Richard Jewell”, titolo e nome di un “mister nessuno” che, superati di una spanna i trent’anni, vive ancora con la madre (una magnifica Kathy Bates) e non è ancora riuscito a diventare un poliziotto, nonostante sia mosso da sempre dal desiderio di proteggere e servire il proprio Paese.

Siamo ad Atlanta, in Georgia, Richard (Paul Walter Hauser) si ritrova ad essere addetto alla sicurezza durante i concerti delle Olimpiadi del 1996 ed è il primo a dare l’allarme quando vede uno zaino sospetto abbandonato sotto ad una panchina, trasformandosi nell’eroe dell’attentato dinamitardo del 27 luglio al Centennial Olympic Park.

Stampa e opinione pubblica gli regalano tre giorni di celebrità, per poi etichettarlo come il sospettato numero uno…

Basato sulla storia vera dell’”eroe di Atlanta”, “Richard Jewell” è un film toccante e lucido, tra i più radicali di Clint Eastwood. Ci mette in guardia conto il rischio di trasformare il mondo in uno stato di polizia, raccontando le ottuse procedure del potere (mass media ed Fbi) e mettendo in discussione il concetto di “verità” dei fatti.

Non è perfetto il suo protagonista, prende troppo seriamente il proprio lavoro e ha una casa piena zeppa di armi (come tutti ad Atlanta). È un antieroe ambiguo, esplicitamente contraddittorio, perché l’essere umano non deve essere necessariamente un modello di integrità per meritare giustizia e protezione.

Clint Eastwood porta avanti la sua tesi moltiplicando i suoi schermi e mescolando tecniche di ripresa. Mette in scena un’epoca in cui le versioni di una stessa verità tendono a confondersi.

L’Fbi conduce la sua indagine su Jewell, la stampa gli dà la caccia e avvalora l’ipotesi del finto eroe che ha orchestrato una messinscena per farsi pubblicità, l’opinione pubblica cerca vendetta e trova il proprio colpevole.

Dall’altare alla polvere, la storia di Richard si nutre di un copione forte e di prove attoriali tutte all’altezza. Paul Walter Hauser, al suo primo ruolo da protagonista, mette in luce il suo uomo imperfetto mostrandone luci ed ombre; Kathy Bates è forte e vulnerabile allo stesso tempo. Sam Rockwell, l’avvocato difensore del protagonista, è il vero alter ego di Eastwood. Sardonico, autarchico, pronto a sfidare il sistema, cane sciolto che agisce fuori dagli schemi. Meraviglioso.

Nel mondo raccontato da Eastwood l’oscurità è sempre dietro l’angolo, per questo lambisce i margini delle inquadrature, pronta ad inghiottire immagini illuminate flebilmente.

Sarebbe stato felice di vedere questo film il vero Richard Jewell, morto di infarto nel 2007. Ha fatto in tempo a dimostrare, però, la propria innocenza. Nel 2003 è stato, infatti, catturato il vero responsabile. —

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