Riccardi entra a gamba tesa su come fare poesia oggi

Pordenonese, classe 1978, Roberto Cescon è poeta con diverse raccolte alle spalle tra cui “La gravità della soglia” (Samuele) e “La direzione delle cose” (Ladolfi). È sempre stato un autore piuttosto frontale, voce di lucida asprezza, anticonsolatorio, adatto a chi non ha bisogno di sublimare possibili speranze. D’altra parte è l’unico atteggiamento mentale – la consapevolezza – che può davvero permettere qualche cambiamento. La vita per divenire si sottrae, ci confonde, toglie, costringe all’abbandono, anche di se stessi se non si è sorvegliati. La vita ha dei limiti precisi nel suo cammino, così come viene dichiarato nell’esergo della sua ultima raccolta, “Distacco del vitro” (Amos Edizioni, 2018).

Insegnante, poeta e saggista, Roberto Cescon è anche tra i più attivi collaboratori del Festival Pordenonelegge, dove si occupa della sezione dedicata alla ricerca e alla promozione poetica. Il suo suggerimento va a un autore in versi milanese dal passo materico e frontale rispetto alle questioni della nostra esistenza più quotidiana: «“Tormenti della cattività” (Garzanti, 2018) di Antonio Riccardi si accampa nella mente con il suo sguardo lucido, crudele, anche se capace di piegarsi con ironica pietà verso le nostre miserie che mordono i buoni propositi. Ogni parola si sigilla nell’incedere di versi folgoranti (Balenata via, la vita; Prima, ora, la stagione ventura). È un vero libro di poesia, concepito in modo compatto attorno a un’idea forte: il desiderio di libertà ingabbiato nella nostra forma di vita (la famiglia, l’amore, il lavoro e la morte); questa idea si irradia nei cinque tormenti delle cinque sezioni di cui l’opera è composta come in un diorama, eroso dal terrore che la vita sia un enigma insolvibile. È un libro che resterà anche perché di fatto entra a gamba tesa nella questione del come fare poesia oggi, nel suo mutare pelle, tra ibridi in prosa e poesia multimediale, col fatale rischio di scomparire. Riccardi ci mostra invece come sia ancora possibile una poesia senza cedimenti e gelosa di sé». —

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