Questo mondo è dei mediocri
L’analisi lucida e impietosa nel libro del filosofo canadese Alain Deneault

Il mondo di oggi? È una società di mediocri. Lo sostiene il filosofo canadese
Alain Deneault
. Il suo libro “La mediocrazia” (traduzione di Roberto Boi,
Neri Pozza, pagg. 240, euro 18
), lancia un preciso grido d'allarme: «Non c’è stata nessuna presa della Bastiglia, niente di paragonabile all’incendio del Reichstag, e l’incrociatore Aurora non ha ancora sparato un solo colpo di cannone. Eppure di fatto l’assalto è avvenuto, ed è stato coronato dal successo: i mediocri hanno preso il potere».
Il saggio teorizza dunque che siano avvenute la presa del potere da parte dei mediocri e l’instaurazione globale del loro regime, la "mediocrazia" appunto, in ogni ambito della vita umana. Il libro affronta una sorta di genealogia di questo evento, che riguarda un po' tutti i campi: dalla politica all’economia, dal sistema dell’istruzione alla stessa vita sociale. All'instaurazione di questa "dittatura della mediocrità" avrebbe contribuito in maniera significativa l’avvento dell’industrializzazione del lavoro, sia manuale che intellettuale, e, in particolare, della sua espressione ultima, quella "religione dell'impresa" che pretende, nella nostra epoca, di unificare tutto sotto il suo controllo.
Professor Deneault che cos'è la «mediocrazia»?
«Con questo termine mi riferisco a standard professionali, protocolli di ricerca, processi di verifica attraverso i quali la religione dell'impresa organizza il suo culto, quell’ordine grazie al quale i mestieri tradizionali cedono il posto a una serie di funzioni, le pratiche a precise tecniche, la competenza all’esecuzione pura e semplice. È il risultato di un lungo percorso che è cominciato quando il lavoro è diventato “forza-lavoro”, un’esecuzione, appunto, in virtù della quale è divenuto possibile preparare i pasti in una lavorazione a catena senza essere nemmeno capaci di cucinare in casa propria, esporre al telefono ai clienti alcune direttive aziendali senza sapere di che cosa si sta parlando, vendere libri e giornali senza neppure sfogliarli».
Qual è il risultato di questo processo?
«Il risultato è che oggi, nella società delle funzioni “tecniche” (“tecnica” qui designa, naturalmente l'opposto del concetto tradizionale, l’assenza totale, cioè, di téchne, di arte e perizia), per lavorare bisogna saper far funzionare un determinato software, riempire un modulo senza storcere il naso, fare propria l’espressione “alti standard di qualità nella governance di società nel rispetto dei valori di eccellenza” e salutare opportunamente le persone giuste. Non serve altro. Non va fatto nient’altro».
Ciò riguarda anche la politica?
«Certamente: la politica ha dismesso principi e valori adeguandosi a farsi portatrice degli interessi dell'economia globale e dei grandi centri del potere finanziario. Oggi per affacciarsi alla vita pubblica (che sia da parlamentare o da preside di facoltà universitaria) bisogna occupare il punto di mezzo, il centro, il momento medio elevato a programma e abbracciare nozioni-feticcio quali "provvedimenti equilibrati", "giusto centro", "compromesso". Insomma, essere perfettamente e impeccabilmente "mediocri"».
Lei sostiene che uno degli ambiti in cui la mediocrazia è più evidente è quello della scuola. Perché?
«Oggi le istituzioni che si occupano di istruzione, scuole e università, sembrano andare avanti con una sorta di pilota automatico che mette in pratica i dettati della moderna scienza pedagogica, senza però riflettere mai sulla loro effettiva bontà. Nel mio libro, faccio l'esempio di una bravissima insegnante molto critica nei confronti degli standard pedagogici della sua scuola. Per punirla di questo suo scarso conformismo, il preside le affida la classe più problematica dell'istituto. Lei fa un lavoro eccezionale: mette da parte programmi e manuali, che ritiene inadatti, e muove dalle reali condizioni di partenza dei suoi alunni, potandoli in un anno a raggiungere risultati eccezionali. Alla fine, però, il preside la licenzia: perché ha fatto di testa sua e probabilmente ha posto condizioni tali per cui l'insegnante che verrà dopo di lei si troverà in difficoltà. Dunque a scuola non contano i risultati, ma la capacità di adeguamento alle procedure standardizzate».
Che fare?
«Credo sia necessario perseguire un'idea non romantica di rivoluzione. Non si tratta di sventolare una bandiera insanguinata, ma di sviluppare un movimento di chi si rivolta contro tutto ciò che nuoce al bene comune. Bisogna diagnosticare con lucidità, dal punto di vista intellettuale, il male, e agire in maniera pratica per modificare radicalmente la rotta».
In che modo?
«Agendo sui sistemi economici e produttivi nonché sui centri del potere finanziario, che determinano disuguaglianze sociali e problemi ecologici. Ma per fare questo la politica deve tornare a basarsi sui valori».
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