Questione morale, fattore K e compromesso storico I cent’anni del Partito comunista

“Quando c’erano i comunisti”, scrivono Mario Pendinelli e Marcello Sorgi per Marsilio (pagg. 240, euro 22,20), raccontando “i cento anni del Pci tra cronaca e storia”. Il libro esce, insieme a tanti altri, per la ricorrenza della fondazione del partito comunista, con il congresso di Livorno, il 21 gennaio del 1921, subito dopo la drammatica scissione dal Partito socialista, in un’Italia in pieno tumulto economico e sociale, mentre il fascismo, dopo una stagione di violenze, si preparava a prendere formalmente il potere. E racconta non solo le vicende storiche sino allo scioglimento del Pci, il 31 gennaio 1991 a Rimini (un altro anniversario su cui riflettere) e alla sua eredità parzialmente raccolta dal Pd, ma anche e soprattutto gli uomini e le donne che di quella storia sono stati protagonisti: Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Luigi Longo, Enrico Berlinguer, Achille Occhetto e tutte le personalità d’un gruppo dirigente che ha lasciato tracce profonde nella vita politica e nella storia italiana ed europea (nelle ultime cento pagine c’è un’interessante intervista con Umberto Terracini, uno dei fondatori del partito, mai impaurito dalle posizioni di dissenso). Sullo sfondo, ecco i rapporti con l’Urss, controversi e dialettici, soprattutto sotto la lunga guida di Berlinguer. Le caratteristiche d’un partito ben saldo nella storia nazionale (le pagine dei rapporti di Gramsci con Piero Gobetti e di Togliatti con Benedetto Croce, il maggior filosofo liberale italiano, sono di estremo interesse). E il travaglio d’una forza politica molto popolare (arrivata ad avere un terzo dei voti degli italiani), molto radicata negli ambienti culturali ma tagliata fuori dalla possibilità di governare perché considerata troppo legata a Mosca (il “fattore K”, Kommunist, ben analizzato da Alberto Ronchey). Una storia su cui si continua a riflettere, dal “compromesso storico” con la Dc alla “questione morale” agitata nell’ultima stagione di Berlinguer, perché lì si trovano le radici di tanti dei problemi di oggi.
Molto altro c’è da leggere, sull’anniversario. Cominciando con “Il vento della rivoluzione” di Marcello Flores e Giovanni Gozzini (Laterza, pagg. 280, euro 24) dedicato, con grande lucidità storica, proprio al momento della nascita del Pci, tra le tensioni provocate dalla Prima Guerra Mondiale e i sogni di palingenesi politica e sociale alimentati dalla Rivoluzione Russa del 1917. E continuando con “La dannazione” di Ezio Mauro, Feltrinelli, con un occhio attento alle tendenze della sinistra a dividersi in laceranti polemiche e drammatiche fratture (se ne avverte l’influenza negativa anche nell’attualità politica contemporanea). E ancora: “Una vita” di Alfredo Reichlin, uno dei più autorevoli dirigenti comunisti, direttore de “l’Unità” e molto sensibile ai temi economici, in una edizione della Treccani, a cura di Mariuccia Salvati, con una introduzione di Giuliano Amato e un intervento di Amartya Sen; “Eravamo comunisti” di Umberto Ranieri, Rubbettino; “Il partito della nazione” di Andrea Romano, Paesi e “Rendiconto” di Claudio Petruccioli, La nave di Teseo ovvero “la sinistra italiana dal Pci a oggi”. Per finire con “Care compagne e cari compagni”, edito dal blog Strisciarossa, storie di esperienze segnate da passione politica e militanza attiva.
Ci sono ancora due volumi su cui soffermarsi. Il primo è “La metamorfosi” di Luciano Canfora (Laterza, pagg. 96, euro 12), con pagine intense sul “partito nuovo” di Togliatti lanciato con la “svolta di Salerno” e la costruzione dell’unità antifascista, le lotte nella Resistenza e l’esperienza di partecipazione diretta ai primi governi democratici dopo la Liberazione, sotto la guida del leader Dc De Gasperi. Lì trova conferma la scelta di Togliatti per un interesse privilegiato verso il mondo cattolico e la Dc. Il secondo libro è “Storia sentimentale del Pci (anche i comunisti avevano un cuore)” di Sergio Staino (Piemme, pagg. 169, euro 17,50): ricordi e giudizi dell’autore dei fumetti il cui protagonista, Bobo, riflette molte caratteristiche di impegno e passione dei vecchi “compagni”. —
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