Quando la libera muratoria si aprì all’Italia

In città la prima loggia regolare, chiamata Alla Concordia, fu costituita nel 1774 da un ufficiale austriaco, composta da commercianti, possidenti, negozianti, medici e aristocratici

TRIESTE La Trieste austriaca del XVIII secolo conobbe, a partire dall’istituzione del porto franco decretata il 18 marzo 1719, un considerevole incremento demografico ed economico. Mercanti di varie nazionalità e religione confluirono in città attratti dalle franchigie e dai privilegi concessi da casa d’Asburgo, plasmando una realtà multietnica e pluriconfessionale.

Negli anni di Maria Teresa Trieste divenne l’avamposto marittimo e il più importante emporio commerciale della monarchia danubiana. Gli intrecci e gli scambi tra uomini e culture diverse, tipici delle zone di frontiera e delle località portuali, furono il presupposto per la diffusione in loco della massoneria. Ufficialmente costituitasi a Londra nel 1717, la massoneria era una società segreta che si proponeva l'assistenza reciproca e l'elevazione morale e intellettuale degli affiliati, detti massoni, fratelli o liberi muratori. Organizzata in officine o logge aperte ai soli uomini, espressione dei ceti dominanti, essa ebbe diverse forme e seguì diverse correnti di pensiero, che spaziavano dalla tradizione magica rinascimentale agli ideali dell'illuminismo.

A Trieste la prima loggia regolare, chiamata Alla Concordia, fu costituita nel 1774 da un ufficiale austriaco, composta da commercianti, possidenti, negozianti, medici e aristocratici. La sociabilità massonica si connotò in senso borghese, amalgamando una classe mercantile eterogenea per lingua, religione e costumi con parte del superstite patriziato, culturalmente italiano ma politicamente orientato alla tutela di una relativa autonomia comunale.

L’emergente borghesia trovò in loggia, al di fuori della Borsa e degli usuali luoghi d’aggregazione della comunità imprenditoriale, la possibilità di incontrarsi e dibattere su temi di carattere culturale e politico, addestrandosi all’esercizio dello spirito critico in un contesto disciplinato da un codice comportamentale che poneva ogni adepto su un piano di parità. Nel 1792 salì al trono Francesco II, che soppresse la massoneria nei territori del Sacro Romano Impero a motivo del ruolo da protagonista che si pensava avesse avuto nella rivoluzione francese.

Durante le tre successive occupazioni francesi di Trieste (la prima nel 1797, la seconda dal 1805 al 1806, la terza dal 1809 al 1813) sorsero delle logge militari protette da Bonaparte, che le utilizzò come strumento di potere e di controllo. L'ambiente triestino cominciò allora a recepire, attraverso la mediazione delle officine, la nuova idea di nazione che dalla Francia si stava proiettando sul continente europeo. Venne pertanto irrobustendosi un sentimento di particolarismo innervato di cultura italiana, che i transalpini alimentarono introducendo l'uso della lingua di Dante nel sistema scolastico e nell’amministrazione. Terminata la parentesi napoleonica, i massoni triestini non ebbero eccessivi inconvenienti, nonostante il divieto di riunirsi.

Fu il mazzinianesimo a mettere salde radici in città. Alla Giovine Italia appartenne Giovanni Orlandini, protagonista del fallimentare moto rivoluzionario del 23 marzo 1848. È nell’esiguo numero di giovani da lui capeggiato, insorto nel tentativo di emulare la rivolta di Venezia, che alcuni storici hanno individuato le origini dell'irredentismo. In opposizione alla Giunta Triestina composta da legittimisti austrofili, nell'aprile 1848 venne fondata la Società dei Triestini, riadattamento della precedente Società Filarmonico-Drammatica d'orientamento massonico.

Sconfitti dalla tiepida reazione della popolazione, i partecipanti al Quarantotto triestino emigrarono nella penisola, accorrendo alle guerre d’indipendenza e alle campagne garibaldine. Molti entrarono in loggia e iniziarono a costruire una base di sostegno all’emigrazione dall’impero, divenuta presto la spina dorsale delle associazioni irredentistiche moltiplicatesi nel regno e nel Litorale.

Il processo d'unificazione in atto nella penisola funse da catalizzatore per i filoitaliani di Trieste, dove nel 1857 venne fondata una filiale clandestina della Società Nazionale, dai cui ranghi uscirono personaggi destinati ad assumere un ruolo di primo piano in massoneria. L’8 ottobre 1859 venne fondata a Torino la loggia Ausonia, preludio alla costituzione il 20 dicembre successivo di un Grande Oriente Italiano.

A Trieste, dove la massoneria rimaneva proibita, sorsero numerosi comitati segreti. Nel 1860 nacque il Comitato d’azione, presto decimato dagli arresti. Successivamente ricompostosi con l’afflusso di reduci dai campi di battaglia del Risorgimento, esso si distinse nel decennio 1868-78 in rumorose manifestazioni di patriottismo. Nel 1860 fu istituito il Comitato Tergestino, più tardi ribattezzato Nazionale, promotore di iniziative quali il reclutamento di volontari giuliani per raggiungere le camicie rosse in Sicilia e l’arruolamento di marinai istriani e dalmati per la flotta italiana.

Tra i soci fondatori del Comitato Tergestino ci fu Francesco Hermet, promotore nel 1868 della Società politica del progresso, che probabilmente celava una loggia, considerate le sue posizioni anticlericali e la sua partecipazione all’Anticoncilio svoltosi a Napoli nel 1869, che vide la presenza di associazioni di libero pensiero e gruppi massonici radicali. I medesimi dirigenti del Comitato Tergestino e della Società politica del progresso fecero parte della loggia Pensiero e Azione, sorta nel 1868 sulle ceneri della precedente Adriatica, l’una e l’altra di spiccate propensioni irredentiste. Al Comitato segreto d’azione dell’Alpe Giulia aderivano i protagonisti delle manifestazioni irredentistiche susseguitesi a Trieste.

In Italia l’irredentismo entrò nell’agenda dell’estrema sinistra radicale e socialisteggiante, da cui proveniva un alto numero di liberi muratori. Un’area politica scoraggiata dalla catena di eventi del 1882: stipula della Triplice alleanza, morte di Giuseppe Garibaldi, impiccagione di Guglielmo Oberdan. Tra i più attivi sodalizi irredentisti collegati alla massoneria vi fu il Circolo Garibaldi di Trieste, con centro direttivo a Milano e operante nell’ultimo quindicennio dell’Ottocento, apertamente in Italia e segretamente a Trieste.

Qui manteneva contatti con la classe politica filoitaliana e massonizzante dei liberal-nazionali, a lungo guidati da Felice Venezian, libero muratore altograduato. Insieme ad altri nomi illustri dell’irredentismo giuliano, a metà anni Novanta Venezian diede vita alla loggia Alpi Giulie, ricoprendovi la più alta carica gerarchica, quella di venerabile.

L’impegno profuso dalla libera muratoria verso l’irredentismo non si esaurì nemmeno quando il movimento acquistò venature espansioniste che andarono a mischiarsi, in un groviglio difficilmente districabile, con le istanze democratiche e gli impeti romantici. —

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