Quando i numeri predicono il futuro meglio evitare di vivere un dolore

«Perché io ero fatta così: lasciavo precipitare tutto, e se qualcosa non funzionava, non facevo nulla per tentare di aggiustarla, la lanciavo a terra, la spaccavo in mille pezzi. Ero il genere di persona che dà il peggio di sé nelle situazioni difficili». Ci sono molti modi di essere, di sentirsi, inadeguati alla vita, ma Amanda, la protagonista del nuovo romanzo di Simona Sparaco “Dimmi che non può finire” (Einaudi, pagg. 299, euro 18)ne ha uno particolare: interpreta i numeri. A suo modo seguace della numerologia, Amanda non solo assegna ai numeri significati esistenziali, ma ai numeri si affida per interpretare il suo destino. Ogni volta che è a un passo dalla felicità, ogni volta che le cose stanno andando bene, se una stessa sequenza di numeri le appare con regolare frequenza (nelle vetrine, sugli orologi, sugli autobus, al supermercato, ovunque ci siano numeri) vuole dire che la pacchia sta per finire e quei numeri ripetuti possono indicare la data e il momento in cui questo avverrà. Perciò quando i numeri cominciano a mandarle messaggi lei li ascolta, e abbandona di sua volontà quello che funzionava per non inciampare nel dolore. Ed è così che, dopo essersi licenziata da un lavoro che le piaceva molto solo perché i numeri 19 e 3 erano cominciati a spuntare ovunque (significa che il 19 marzo avrebbe comunque perso il lavoro), Amanda decide di impiegarsi in un lavoro che non le piace, in modo da non soffrire quando lo dovrà abbandonare. Si offre dunque come baby-sitter, lei che è single, vive con la strampalata mamma Emma e soprattutto odia i bambini. In una dimora altoborghese dovrà accudire il piccolo Samuele, di sette anni, orfano di madre e con padre sempre assente, un ragazzino triste e disadattato. Complici la dispotica nonna di Samuele e un’arcigna domestica, le cose cominciano ad andare male da subito. Per fortuna. Ma poi compare Davide, il papà di Samuele, che Amanda scopre essere stato suo compagno di classe alle elementari. Ognuno di loro - Amanda, Davide e Samuele - ha le sue ferite da curare, ognuno dei tre è alle prese con i propri nodi da sciogliere, e come a volte capita gli elementi alchemici - o numerici - si combinano in modo tale da creare affetti tenaci. E così fra i tre si consolida un legame che porta dritto verso quell’auspicabile dimensione che chiamiamo felicità. Ma Amanda non ha perso il suo superpotere, i numeri tornano alla carica e non le dicono nulla di buono. È il momento di mollare, prima che si manifesti il futuro annunciato dolore. Ma forse arriva per tutti il momento di affrontare le proprie paure, la tirannia di un destino che non sappiamo dominare, e Amanda riuscirà a superare le trappole della numerologia. Perché sarà anche vero che, come diceva il matematico greco Filolao, “tutte le cose conosciute posseggono un numero e nulla possiamo comprendere e conoscere senza di questo”, ma di fronte all’amore non ci sono numeri e regole che tengano.
Scrittrice fortunata con un talento spiccato nell’indagare le nebbiose trame dei sentimenti sin da “Nessuno sa di noi” e “Il silenzio delle nostre parole”, Simona Sparaco in questo nuovo romanzo gioca al meglio con la metafora dei numeri, ricordandoci come a volte siamo noi stessi gli artefici dei limiti e delle gabbie in cui amiamo rinchiuderci per paura di affrontare un dolore. Anche perché, lo dicono i numeri, ogni fine non è che un altro inizio: «Qualcosa era finita davvero (...): l’esistenza come l’avevo impostata fino a quel momento. Ora che la mia corazza si stava sgretolando al cospetto di quelle due semplici linee, le vidi, così accostate, per quelle che erano: un numero romano che ribadiva cos’era la vita. E che cos’era se non scommettere su un 2”. —
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