Quando Herbert von Karajan si mise ad elemosinare col bastone da cieco in piazza Unità a Trieste

TRIESTE Herbert von Karajan racconta: «Eravamo nell’immediato dopoguerra e io ero ricercato, perché, come sapete ero iscritto al partito nazista». Leone Magiera ricorda: «Parlava con naturalezza dello scottante argomento e l’ascoltammo in attento silenzio». L’episodio è contenuto nel libro di memorie “Karajan. Ritratto inedito di un mito della musica”(La nave di Teseo). Al racconto del maestro è presente anche il soprano Mirella Freni, moglie di Magiera, scomparsa un anno fa. «Per salvarmi la vita, dopo la sconfitta della Germania, mi ero travestito da clochard, come si dice in italiano...» continua Karajan. «Da barbone, Maestro» lo aiuta Magiera. «Ah... ah! Bella questa parola italiana, rende bene l’idea. Infatti mi ero fatta crescere la barba - continua il Maestro -. Ho passato mesi dormendo dotto i ponti della ferrovia e sono riparato in Italia. Giunto a Trieste, quasi allo stremo delle forze, fui costretto a elemosinare, usando un bastone da cieco che avevo acquistato con gli ultimi soldi rimasti, per impietosire i passanti».
L’immagine di Karajan con la barba a Trieste che impugna un bastone da cieco invece della tradizionale bacchetta pare uscita da un film. «In piazza dell’Unità vidi avvicinarsi un signore brizzolato che mi parve di riconoscere. Si fermò e mi allungò qualche moneta. Non lo vedevo da molti anni, ma mi parve proprio il Maestro Sanzogno - continua Karajan -. Azzardai un “Grazie Maestro” che lo lascio basito. “Scusi, ma come fa a riconoscermi se è cieco?” chiese il passante con visibile stupore. “Ti riconosco, Nino, perché sono Karajan”, e mi tolsi gli occhiali neri. Sanzogno avrebbe voluto abbracciarmi, ma si trattenne per non farsi notare troppo. “Seguimi Herbert” disse Sanzogno, con fare circospetto. “Andiamo a casa mia, così potrai rifocillarti”».
Mirella Freni commentò: «Un bel colpo di fortuna». «Sì - continuò Karajan con gli occhi che luccicavano -. Perché non solo mi fece fare un bagno caldo dopo molti mesi, ma mi procurò abiti nuovi e, soprattutto, restai suo ospite per diverso tempo, finché le acque non cominciarono a calmarsi. Successivamente fui ospite anche del barone de Banfield». L’asilo politico e artistico offerto a Karajan dalla contessa Maria Tripcovich, madre del barone Raffaello de Banfield, è cosa risaputa. Il “colpo di fortuna” di Nino Sanzogno, il direttore d’orchestra veneziano impegnato in quel momento al Verdi di Trieste, non è mai emerso dalla nebbia di quegli anni. Herbert Karayan (come riportano le locandine dei concerti triestini al Verdi del 1945 e 1947) arriva a Milano nel novembre del 1944 con un volo militare da Berlino assieme alla seconda moglie, Anna Maria ("Anita") Gütermann, di origini ebraiche, erede della compagnia di cucito della seta Gütermann.
«Sono scappato da Berlino in Italia per due ragioni. Perché la guerra sta per finire e io ho una tessera del partito nazista con uno dei numeri più vecchi; e poi perché ho disertato» racconta Karajan. A Milano trova la copertura del generale tedesco Hans Leyers che lo nasconde con la moglie a Villa d’Este sul lago di Como grazie alla complicità della famiglia Crespi, proprietari del “Corriere della Sera”. Dopo la caduta della Repubblica di Salò Karajan si rifugia con Anita a Trieste con il rischio di finire sotto processo con gli angloamericani per i trascorsi nazisti. A Trieste, allora sotto il Gma (Governo militare alleato), ritrova la contessa Maria Tripcovich conosciuta a Roma nel 1941.
La contessa esercita tutta la sua influenza per convincere l’ufficiale del Gma a concedere a Karajan un permesso speciale per dirigere qualche concerto al Teatro Verdi. Inoltre offre alloggio ai coniugi Karajan in un appartamento di piazza Venezia della Società di Navigazione Tripcovich. Con il sovrintendente del teatro Verdi, Cesare Barison vengano organizzate quattro serate. Il 27 e il 29 settembre e il 6 e 7 ottobre, a pochi mesi dalla fine della guerra e a sette anni dall’ultima esibizione a Berlino, Herbert Karayan dirige l’Orchestra Filarmonica Triestina in tre diversi programmi che includevano musiche di Haydn, Richard Strauss, Beethoven, Ciaikovskij, Sibelius, Locatelli da Bergamo, Wagner e Brahms.
«Il sovrintendente Barison gli prestò il proprio frac perché potesse salire sul podio al Teatro Verdi» ricorda il barone de Banfield. Il fortunato pubblico triestino ritrova il maestro due anni dopo sotto l’amministrazione del Territorio Libero di Trieste (Tlt). Nel novembre 1947 Karayan torna a dirigere al Verdi l’Orchestra Filarmonica Triestina in due concerti beethoveniani. «Ampiezza di respiro e infiammate pulsazioni umane hanno dato alla sua esecuzione della terza una fisionomia vigorosa e luminosa. Donde il grande successo, le acclamazioni senza fine della folla entusiasta e grata e ammirata» scrive il critico sul “Giornale di Trieste” di domenica 23 novembre 1947.
Nel 1948 Karajan riconquista l’Austria e diventa direttore dell’Orchestra Sinfonica di Vienna.«Sono contentissimo che tutto è fissato per il concerto. Lei sa che questo è il primo concerto all’estero che faccio. Mi auguro che il caro pubblico triestino non mi abbia ancora dimenticato» scrive il Maestro in perfetto italiano al sovrintendente Barison in vista dell’appuntamento del 21 settembre 1951 al Teatro Verdi. Il primo concerto all’estero di Karajan “riabilitato” avviene così nel Territorio libero Trieste. Arriva al Verdi con l’Orchestra sinfonica di Vienna e il Coro del Singverein, 250 esecutori, per dirigere il Requiem tedesco di Brahms. Stavolta la locandina del Verdi riporta il nome corretto: Herbert von Karajan. «Direttore impareggiabile per ricchezza di sentimento e di conoscenza tecnica, Karajan è stato il trionfatore della squisita serata. Acclamato con vivo entusiasmo» si legge sul “Giornale di Trieste”. Il pubblico triestino non l’aveva dimenticato. —
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