Più divorzi e unioni civili, meno figli. Così cambiano le famiglie in Italia

La sociologa Anna Laura Zanatta al festival di Gorizia: «L’istituzione familiare non è un prodotto della natura»
Bumbaca Gorizia 24.05.2019 èStoria 014 Libertà di scelta e diritto alla cura © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 24.05.2019 èStoria 014 Libertà di scelta e diritto alla cura © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GORIZIA Famiglie divise dalla storia, famiglie che hanno fatto la storia, famiglie nobili e decadute. Famiglie arcobaleno, famiglie musulmane e cristiane, famiglie criminali e famiglie delle vittime. Famiglie allargate, mononucleari e monogenitoriali, affidatarie e multiple. Le famiglie, in tutte le loro molteplici forme, sono il pilastro fondante delle società di ogni tempo, e nel tempo mutano forma e struttura. Il tema portante della quindicesima edizione del festival èStoria di Gorizia sta aprendo un ventaglio di opportunità di riflessione per i visitatori nelle varie sedi della manifestazione.

E se la storia ci insegna che le famiglie sono innegabili “identità collettive”, com’era intitolata la tavola rotonda al Centro polifunzionale dell’università, è altrettanto vero che proprio intorno alla famiglia si concentrano i maggiori mutamenti sociali della nostra società. Ne ha parlato, fra gli altri, la sociologa Anna Laura Zanatta nel corso dell’incontro “Unioni civili e nuove famiglie”, assieme a Piergiorgio Paterlini, coordinati da Emanuela Masseria. Le polemiche seguite al recente Congresso mondiale delle famiglie che si è svolto a Verona, ha detto Zanatta, congresso che ha difeso un unico modello di famiglia, quella “naturale”, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, hanno messo in rilievo che, al contrario, «la realtà è molto più complessa». Perché «la famiglia non è un prodotto della natura, ma della storia, della società, della cultura e, in quanto tale, cambia caratteristiche e significato nel corso del tempo e nei diversi contesti».

Ciò è tanto più vero per le società occidentali, Italia compresa, che «hanno posto a fondamento del matrimonio l’amore, anziché l’interesse economico e sociale della parentela, in cui i sentimenti degli sposi non avevano alcuna rilevanza». Una «rivoluzione dei sentimenti», dunque, ha sottolineato la sociologa, che «ha poi favorito il sorgere di altre forme di unione affettiva, non fondate sul matrimonio, nel quadro della diffusione crescente di altri fenomeni propri della società occidentale contemporanea, quali l’affermazione dell’autonomia individuale, il declino dell’influenza della Chiesa sui comportamenti individuali e collettivi, la tendenza a considerare la famiglia come una faccenda privata, una “unità di affetti”: con una sintesi, parziale e riduttiva, potremmo dire che è avvenuto un passaggio dal matrimonio d’amore all’amore senza matrimonio».

La famiglia continua comunque a svolgere un ruolo primario nella cura delle persone, sia i minori che altri soggetti deboli. Diretta conseguenza di questi mutamenti della forma-famiglia, è che sono «cambiati anche i rapporti genitori-figli: i figli hanno perso ogni traccia del valore strumentale che avevano in passato (eredi del casato e del patrimonio, forza lavoro familiare, bastone per la vecchiaia), hanno acquistato anch’essi un valore esclusivamente affettivo e sono visti come frutto di una libera scelta della coppia». Non sono cambiamenti da poco, perché la conseguente separazione tra sessualità e procreazione ha portato alla fecondazione eterologa, e quindi «allo sganciamento del rapporto genitori-figli dall’appartenenza genetica», con l’emergere di diverse figure genitoriali, biologiche e sociali. Il risultato di tutto ciò è sotto i nostri occhi: «I matrimoni calano e avvengono più tardi, nascono sempre meno bambini e anch’essi più tardi, aumentano le separazioni e i divorzi e aumentano forme di famiglia che in molti casi, anche se non sempre, hanno origine da una rottura coniugale: le convivenze di fatto, le famiglie con un solo genitore, i single, le famiglie ricomposte in cui almeno un partner proviene da un precedente matrimonio». E, ha osservato ancora Anna Laura Zanatta, «proprio l’avere messo l’amore al centro della relazione di coppia ha favorito l’accettazione sociale delle unioni omosessuali, che nella maggior parte dei Paesi occidentali si è tradotta anche in legittimazione giuridica, con il diritto al matrimonio in alcuni Paesi come Olanda, Belgio, Francia, Regno Unito e Spagna, in altri casi con forme di riconoscimento analoghe al matrimonio, come le unioni civili in Italia». Secondo dati recenti, nel nostro Paese a tutto il 2017 hanno fatto ricorso alle unioni civili circa seimila coppie, pari all’1,8% dei matrimoni, «numeri abbastanza modesti, ma in linea con quelli degli altri Paesi europei».

E di diritto di famiglia hanno parlato anche Gian Ettore Gassani e Bruno de Filippis nell’incontro “La famiglia attraverso il diritto”, mentre alla Fondazione Cassa di Risparmio si è parlato delle famiglie islamiche oggi, altro tema che, con l’aumento delle migrazioni, interessa direttamente la società italiana. Nader Akkad, imam italiano, ingegnere e ricercatore nato ad Aleppo ma residente a Trieste dal 1992, parlando con Giuseppe Pascale e Sara Tonolo ha messo in evidenza quanti luoghi comuni girano intorno alla materia. Come la poligamia: «La poligamia non è un’usanza islamica - ha detto Akkad - ma una struttura sociale, che l’Islam ha prima limitato a quattro donne e poi a una; e c’è un rapporto di giustizia nella famiglia islamica tra uomo e donna, e la donna può sposare un non musulmano». Anche i minori, ha aggiunto Pascale, sono tutelati dall’istituto della Kafala, uno strumento normativo simile all’affido.
 

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