Pippo Delbono «Porto in scena la Gioia che nasce sempre da un grande dolore»

La recensione
I titoli degli spettacoli di Pippo Delbono hanno spesso evocato i mali del mondo e di noi che lo abitiamo. “Guerra”, “Esodo” , “La rabbia” , “Questo buio feroce” , “La menzogna”. Qualche mese fa invece, ne ha creato uno che si intitola “La gioia”. È lo spettacolo che arriva domani alle 20.30 e domenica alle 16.00 a Trieste, nella sala principale del Rossetti. Non illudiamoci: non è cambiato il mondo. Né siamo cambiati noi. È cambiato il punto di vista.
«Doveva chiamarsi “Un cammino verso la gioia”, però ho preferito “La gioia”, è più semplice, si capisce meglio», spiega il regista. Il suo è il nome più internazionale del teatro italiano oggi, l’artista che più di tutti ha portato i propri lavori su e giù per i continenti.
La compagnia Delbono è formata da persone fuori dai canoni, ed è tale la straordinarietà, che li fa entrare in sintonia con chi vive a Bombay o a Lisbona, a Buenos Aires come a Mosca. Posso dirlo per aver visto io stesso, quelle platee commuoversi, fino alle lacrime, e subito dopo ridere di cuore, davanti alle figure che Delbono crea per il palcoscenico. E che accompagna, dirige, comanda, accudisce per tutta la durata dello spettacolo, quasi fossero creature della sua mente. Invece sono performer: recitano, cantano, ballano, con la consapevolezza dello spazio in cui si muovono. Ciascuno di loro porta dentro di sé una storia, la propria, iscritta nel corpo: un corpo speciale. A volte un corpo ferito da un’esistenza marginale, in altri casi corpi potenti, corpi erotici, politici, corpi gloriosi.
«Ho conosciuto Bobò ad Aversa, in un manicomio», ricorda Delbono. «Aveva 61 anni, da 45 era prigioniero di quella istituzione. Era un derelitto, come lo ero anch’io in quel momento. Chiuso nel suo silenzio, analfabeta. Non conosceva nulla del mondo».
Oggi Bobò è la figura più iconica del teatro di Delbono: da 22 anni in compagnia, ne è quasi l’emblema. Un omino piccolissimo, dall’andatura malferma, che si esprime con inconfondibili grida. E lo fa da artista. Tutti gli occhi puntati su di lui, per esempio, in “Cavalleria Rusticana” , una regia di Delbono, lo scorso anno, per il Teatro San Carlo di Napoli. Bobò era indispensabile anche nel “Don Giovanni”, allestito in Polonia, nel quale era Mozart: il vecchio Mozart, se Mozart fosse diventato vecchio. Sul palco, in ogni spettacolo, accanto a Bobò ci sono anche le altre icone di questo teatro: il morbido Gianluca, l’allampanato Nelson, tutti coloro che Delbono ha incrociato nel proprio cammino, riconoscendo in loro lo stesso cammino: divergente, originale, doloroso.
«Credo che la gioia arrivi soltanto dopo un dolore - spiega Delbono -. Un dolore grande, di quelli che fanno guardare in faccia la morte. Tutti coloro che hanno fatto grandi cammini spirituali, si sono confrontati con la morte. Io l’ho capito grazie al buddismo, che pratico da più di trent’anni. È una pratica severa: ti costringe a guardarti dentro, ad andare in profondità, non puoi raccontarti bugie e devi ogni giorno fronteggiare gli ostacoli che non ti fanno essere libero, andare avanti. Avarizia, collera, stupidità. Sono i tre elementi che fanno male al mondo. E impediscono di raggiungere la libertà, mettersi in sintonia con le leggi dell’universo e in quello stato d’animo che si chiama la buddità». Che nello spettacolo di domani sera, si manifesta come meta di un cammino, esperienza compiuta attraversando tutti i linguaggi dello spettacolo, che da trent’anni appunto definiscono la sua carriera: teatro, cinema, scrittura, allestimenti lirici e performativi. Ciò che si poteva vedere fino a due settimane fa in una grande mostra: “La mente che mente”, dedicata tutta a lui dal Centre Pompidou di Parigi.
Dopo le due repliche di “La gioia” al Rossetti, lunedì 26 è previsto un incontro pubblico con il regista. Alle 18, allo Studio Tommaseo di via del Monte 2/1, Delbono converserà sul tema “Io, l’altro, l’alieno” nell’ambito degli incontri del Progetto Ufo – Residenze d’arte non identificate, centrati sul rapporto tra città, arte, scienza. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo